Torniamo a casa, in montagna!

[Foto di winluk da Pixabay.]

Mentre la schizofrenia di questa società ci presenta da un lato i sovranismi, i populismi, la guerra e lo sfacelo climatico; dall’altro il metaverso, l’intelligenza artificiale, la realtà aumentata e gli spazi virtuali come se fossero la risposta ai nostri problemi, io dico: restiamo umani e ascoltiamo richiamo della Montagna!
Heimgang, come dicevano gli antichi norreni, cioè il “ritorno nella casa madre” di tutti i tempi, così come gli islandesi chiamavano Heimkomu questo atavico richiamo e i ladini delle vallate dolomitiche del Sella definiscono Jì a ciasa.
Poiché è nei luoghi selvaggi, quelli dello spettacolo eterno e meraviglioso, che si respira un richiamo ancestrale che riporta i nostri sensi e il nostro spirito a un utero materno universale, la fonte della luce originaria dove sgorga la nostra più autentica pienezza, nel flusso vitale primigenio che ci lega alla Montagna e in essa ci permette di riconoscerci.

[Matteo RighettoIl richiamo della montagna, Feltrinelli, 2025, pagg.92-93.]

Righetto rinnova e ribadisce in questo brano del suo recente libro ciò che scrisse quasi un secolo e mezzo fa Walt Whitman (l’ho citato anche di recente): «Dopo aver esaurito quel che t’offrono affari, politica, allegri simposi, amore e così via […] che cosa ti resta? Resta la Natura.»

Ribadisce ciò che in fondo è dentro di noi fino dalla notte dei tempi e rappresenta oggi, come ha fatto ieri e lo farà in eterno, uno degli elementi ineludibili del nostro essere creature viventi in questo mondo: il legame con la Terra che le montagne, con la loro potenza geomorfologica e con ogni altra cosa che sanno manifestare, rappresentano con una forza più unica che rara.

[Cliccate sull’immagine per leggere la mia “recensione” al libro.]
Noi Sapiens, pur iper tecnologici quali siamo, nel profondo restiamo e resteremo sempre animali selvatici, e la nostra selvaticità si palesa innanzi tutto nel legame armonico che abbiamo con la Natura – perché siamo Natura, d’altro canto. Paradossalmente, diventiamo sovente selvaggi, nel senso più negativo del termine – rozzi, crudeli, violenti, arretrati – quando invece trascuriamo o dimentichiamo quel nostro legame ancestrale con la Natura sentendoci liberi di devastarla come nessun altra creatura selvatica può e sa fare. Perché noi abbiano la tecnologia: ma che ci serve realmente, se il fatto di poterne usufruire ci può far diventare più bestiali delle bestie così (da noi) dette?

Se questa è l’evoluzione che ci ha portato a dominare il mondo a scapito di qualsiasi altra creatura vivente e ancor più della nostra casaHeimgang, Heimkomu, Jì a ciasa… – in realtà ci stiamo soltanto scavando da secoli la fossa nella quale prima o poi, inesorabilmente, finiremo dentro senza più possibilità di uscirne.