“Poca spesa, tanta resa (culturale)”: così intitolavo un mio precedente articolo di qualche giorno fa (anche qui nel blog) col quale intendevo mettere in luce la bella realtà del MAC – Museo d’Arte Contemporanea di Lissone, alle porte di Milano, luogo di cultura di provincia, di sicuro piccolo rispetto a certe entità della vicina metropoli lombarda, eppure capace non solo di stare in piedi ma pure di offrire una proposta culturale, tra mostre, iniziative didattiche, premi e quant’altro, di mirabile qualità, grazie a una lodevole sinergia tra pubblico e privato su base comunale.
Giusto per inesorabile par condicio, e per in tal modo mettere in evidenza i due limiti di un ambito culturale nazionale che sa offrire tutto e il contrario di tutto con insuperabile cecità strategica, mi sposto solo di qualche chilometro verso il centro di Milano (sto in zona perché ne conosco direttamente le situazioni e supponendo di considerare Milano quale una delle capitali culturali italiane a titolo esemplificativo) per dirvi del MuFoCo, il Museo della Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo, proprio alle porte del capoluogo meneghino, e della sua demoralizzante situazione, sostanzialmente opposta in forma e sostanza a quella del MAC di Lissone.
Il MuFoCo è un museo pubblico unico nel suo genere – tutti gli altri dedicati alla fotografia, in Italia, sono legati a enti e fondazioni private – con un patrimonio di due milioni di fotografie dal dopoguerra ad oggi di artisti come Gabriele Basilico, Letizia Battaglia, Fischli&Weiss, Gianni Berengo Gardin, Luigi Ghirri, Candida Höfer, Mimmo Jodice, Uliano Lucas, Federico Patellani, Ferdinando Scianna, Thomas Struth, cui si aggiunge l’archivio analogico dell’agenzia Grazia Neri, che ha raccontato per immagini la storia italiana degli ultimi 40 anni nonché tutta l’attività di carattere didattico in collaborazione con scuole di ogni ordine e grado e con le facoltà universitarie. Duole molto affermarlo, ma se un museo del genere all’estero sarebbe un’istituzione tenuta in palmo di mano e offerta come attrazione irrinunciabile al traffico turistico, qui è ormai da mesi in preda ad un classico esempio di disprezzante menefreghismo culturale istituzionale all’italiana – ecco, mi viene da definirlo in tal modo. Ovvero: fondi tagliati o dati col contagocce, parole-parole-parole senza fatti concreti, scaricabarili vari e assortiti, il tutto nell’ottica di quell’ormai istituzionalizzata strategia del “con la cultura non si mangia” che guida palesemente l’azione di molti enti pubblici su questioni del genere.
In buona sostanza: se il museo fino a pochi giorni fa rischiava di chiudere per la totale assenza di fondi – soldi messi in bilancio dagli enti responsabili ma non erogati, si badi bene – si è al momento salvato grazie ai 50.000 Euro raccolti in un’asta organizzata dagli “Amici del Museo di Fotografia” e a un’erogazione in extremis di 200.000 Euro dovuta da tempo dalla Provincia di Milano: fondi che assicurano una sopravvivenza di qualche settimana, non molto di più. Ma attenzione: la Provincia formalmente è una istituzione che non esiste più, sostituita dall’Ente Città Metropolitana, il quale tuttavia non ha ancora comunicato se resterà socio del museo e se adempierà ai suoi oneri finanziari, versando i soldi necessari per proseguire le attività. Nel frattempo in Regione Lombardia e in Parlamento si sta discutendo della trasformazione del MuFoCo in ente nazionale, il che dovrebbe garantirne l’esistenza e il rilancio: ma al momento nulla è stato deciso e chissà quando si deciderà in merito – intanto il tempo passa… Infine, ci sarebbe sul tavolo la proposta di sdoppiare il MuFoCo tra la sede classica di Cinisello (archivio e amministrazione) e una nuova sede espositiva in centro a Milano: ciò potrebbe rappresentare una interessante opportunità per il museo in vista di EXPO 2015: ma anche qui nulla è ancora stato deciso, ed all’apertura di EXPO mancano meno di quattro mesi.
Insomma, avete sicuramente ben capito come è messa la realtà dei fatti di un’istituzione culturale – lo ribadisco – unica nel suo genere in Italia. Paese, d’altronde, unico nel suo genere col tutto il ben di Dio culturale a disposizione e la cronica incapacità di considerarlo, valorizzarlo e sfruttarlo nel modo più proficuo possibile. Come affermo fin nel titolo di questo articolo, con poca spesa – spesa finanziaria ma pure strategica, di impegno, di volontà, di considerazione – è inevitabile la resa, ovvero la sconfitta, il fallimento culturale. Poco distante, a Lissone, dimostrano come questa evenienza si possa efficacemente annullare: altrove invece, a Cinisello come in troppi altri luoghi della cultura nostrani, pare ci si volti deprecabilmente dall’altra parte.
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“1984: Fotografie da Viaggio in Italia”, l’omaggio estivo (forse troppo!) della Triennale di Milano a Luigi Ghirri. Fino al 26/08.
“Le fotografie di “Viaggio in Italia” rappresentano un calmo e raffinato esercizio della visione e propongono un nuovo ABC del paesaggio italiano indagato nei suoi elementi primari grazie a un approccio intellettuale e al tempo stesso affettivo, privo di retorica, stereotipi, gerarchie. Sono fotografie on the road, apparentemente semplici, silenziose, un po’ pensose, attente ai molti luoghi della provincia ma anche alle città: lontane dal reportage sensazionalistico, sono un invito a rivolgere lo sguardo alla quotidianità e alla normalità carica di poesia del paesaggio che ci sta intorno.
A distanza di quasi trent’anni, il progetto ghirriano offre una emozionante riflessione sull’identità del “Bel Paese” ricercata nel racconto di luoghi che ormai si sono completamente trasformati, spesso perdendo quella armonia tra natura e cultura che era un tratto così profondamente italiano.“
Il Museo di Fotografia Contemporanea rende omaggio a Luigi Ghirri in occasione del ventennale della morte proponendo al pubblico una selezione di fotografie dalla mostra “Viaggio in Italia”, il progetto da lui curato nel 1984 che divenne il manifesto della “scuola italiana di paesaggio”. Le fotografie, ora parte delle collezioni del Museo, vengono per la prima volta presentate al pubblico dopo il restauro finanziato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, con il sostegno e la collaborazione scientifica della Direzione generale per il paesaggio, le belle arti, l’architettura e l’arte contemporanee (PaBAAC).
Alla fine degli anni Settanta Luigi Ghirri, uno dei grandi maestri della fotografia contemporanea italiana e internazionale, concepisce uno straordinario progetto di “rifondazione” dell’immagine del paesaggio italiano. Nel 1984 il progetto “Viaggio in Italia” prende forma in una mostra alla Pinacoteca Provinciale di Bari e in un libro pubblicato dal Quadrante di Alessandria, con un testo di Arturo Carlo Quintavalle e uno scritto di Gianni Celati. Vi prendono parte venti fotografi, per la maggior parte italiani: Olivo Barbieri, Gabriele Basilico, Giannantonio Battistella, Vincenzo Castella, Andrea Cavazzuti, Giovanni Chiaramonte, Mario Cresci, Vittore Fossati, Carlo Garzia, Guido Guidi, Luigi Ghirri, Shelley Hill, Mimmo Jodice, Gianni Leone, Claud Nori, Umberto Sartorello, Mario Tinelli, Ernesto Tuliozi, Fulvio Ventura, Cuchi White. Molti di loro sono oggi artisti molto noti a livello internazionale.
La mostra presenta 100 fotografie da “Viaggio In Italia”, una serie di fotografie di Giovanna Calvenzi che documentano la mostra e il convegno che si tennero nel 1984 alla Pinacoteca Provinciale di Bari, e il film di Maurizio Magri con sceneggiatura di Vittore Fossati “Viaggio in Italia. I fotografi vent’anni dopo”, prodotto dal Museo di Fotografia Contemporanea nel 2004, ormai esaurito e ristampato per l’occasione.
Una mostra fondamentale, insomma, che ripropone l’essenza di un progetto dalle altissime valenze artistiche e culturali, ma anche (e non poco) antropologiche, concepito da un personaggio, Luigi Ghirri, che meriterebbe l’omaggio costante dell’intero panorama culturale italiano, per quanto grande fu.
Non posso però non denotare le mie perplessità sul periodo di apertura della mostra, che sarà pur giustificato da buoni motivi, non lo metto in dubbio, ma che con tutta evidenza comprende un periodo nel quale la gente pensa più a monti, laghi, spiagge, frescura ed aria aperta (comprensibilmente) piuttosto che a starsene a bagnomaria nell’afa cittadina e a infilarsi al chiuso d’un museo, seppur meraviglioso (lunghissima vita alla Triennale!). Ovvero, non sarebbe assolutamente male un prolungamento del periodo di apertura che comprenda almeno una parte di Settembre, anche a favore delle scolaresche potenzialmente interessate alla visita… So bene che una città come Milano, e le sue istituzioni, debbano garantire un’alta qualità dell’offerta culturale in ogni periodo dell’anno, anche nelle settimane nelle quali la città si svuota e tutti pensano alle vacanze, di contro spiace constatare che la programmazione temporale di una mostra – peraltro così importante non solo dal punto di vista artistico, appunto – possa risultare potenzialmente invalidante alla conoscenza più ampia possibile dell’evento e del suo valore.
In ogni caso, se sarete a Milano, o se potrete esserci, vi assicuro che 1984: Fotografie da Viaggio in Italia è una mostra che val bene un pomeriggio al lago. Cliccate sull’immagine in testa al post (Luigi Ghirri, Alpe di Siusi, 1979) per visitare il sito web della Triennale ed avere ogni utile informazione sulla mostra, sulle iniziative correlate e sulla visita; inoltre, se volete conoscere più a fondo la figura di Luigi Ghirri, personalmente vi consiglio un libro fondamentale non solo per qualsiasi appassionato di fotografia, ma anche, appunto, di cultura italiana: Lezioni di fotografia, edito da Quodlibet. Cliccate sul libro qui accanto e ne avrete utili dettagli.