Però, prima ovvero alla fonte del pensiero dal quale nasce la mia decisione di partire proprio verso un certo luogo (in senso lato, sia esso città, regione, stato, montagna, isola o che altro), a volte c’è un singolo input primigenio, una causa o curiosità personale e magari banale, bizzarra, inafferrabile per altri, che tuttavia rappresenta la miccia che dà fuoco a quella voglia di partire e fa esplodere di conseguenza la frenesia (più o meno controllata) della preparazione del viaggio. Che dunque intraprendo anche in forza di quel piccolo input iniziale e poi, certamente, per tutto il resto di più grande, importante, interessante, stimolante… ma comunque non senza quel primo piccolo passo.
Ad esempio, per dire, sono andato in Finlandia anche per inseguire Arto Paasilinna, e sono andato nella Norvegia centrale (anche) per capire il black metal. Poi sono andato in Danimarca (anche) per il Bluetooth ma quello “vero”, e a Capo Nord (anche) per sentirmi in cima a una grande montagna ma “orizzontale”, e in Irlanda (anche) per poter poi andare con più consapevolezza in Ulster e in Estonia (anche) per stare tra russi e estoni e percepirne l’effetto. A Oslo ci sono andato (anche) per salire sull’Holmenkollen, a Londra (anche) per James Bond e a Berlino, invece, (anche) per capire tante cose dell’Europa contemporanea. E poi sono andato in tanti altri luoghi anche per altrettanti motivi diversi dai soliti, forse apparentemente un po’ strani, appunto, forse incomprensibili per molti ai quali li racconto, forse invece fondamentali più dei soliti che si ritengono tali, quando si viaggia in certi luoghi, prima che dal viaggio scaturisca tutto il resto e si generi la percezione del suo senso profondo. Un senso, d’altro canto, che è e sarà sempre incompleto, perché sempre ha bisogno e abbisognerà di qualche nuovo, curioso, strano, banale e fondamentale input.