L’intervista pubblicata lo scorso 14 marzo sul quotidiano “Alto Adige” a Paolo Cappadozzi, già vicepresidente dell’Associazione nazionale esercenti funiviari e per lunghi anni presidente del Consorzio impiantisti Val Gardena-Alpe di Siusi, appare per molti versi – mi permetto di dire, con rispetto scrivendo – piuttosto spassosa. Cioè, sia chiaro: parrebbe forse più inquietante, a ben leggerla, ma alcuni passaggi – tutti quanti proferiti da Cappadozzi, ovviamente – permettono di considerarla con una certa inesorabile mordacità (peraltro percepibile, mi pare, pure nelle parole dell’articolista del quotidiano), per come mettano bene in evidenza la forma mentis alla base di talune dichiarazioni emblematiche espresse nell’intervista.
Con tutto il rispetto del caso, ribadisco, e posta la vena ironica che intuirete bene (la quale tuttavia non si pensi che vanifichi la serietà di fondo), indico di seguito qualche evidenza interessante al riguardo:
- Chiedere al già vicepresidente dell’Associazione nazionale esercenti funiviari e per lunghi anni presidente del Consorzio impiantisti Val Gardena-Alpe di Siusi cosa ne pensa dell’industria dello sci è un po’ come chiedere a Rocco Siffredi che giudizio abbia dei film a luci rosse; per altri versi, vista la realtà di fatto, è pure come chiedere al comandante Francesco Schettino in che modo timonare una nave di grandi dimensioni in prossimità della costa.
- «La montagna senza lo sci non vivrebbe», «Non c’è turismo invernale senza neve»… oddio, sembrano più delle bieche minacce che l’espressione di mere opinioni personali, ovvero una malcelata forma di oppressione e di ricatto nei confronti delle montagne e delle comunità che le abitano (e pure piuttosto offensiva per chi non scia). Non solo per affermare tra le righe che «i finanziamenti pubblici li pretendiamo tutti noi!» ma anche «se i finanziamenti pubblici non li avremo noi, non li avrà nessuno!» Caspita, una considerazione, una solidarietà e una sensibilità proprio grandi verso le (proprie) montagne e la loro gente!
- «Nevificare». Be’, è da applausi, è il “petaloso” del mondo dello sci! Ah, a proposito: che fine ha fatto poi “petaloso”?
- «Ero a Trento in una grande quanto famosa cantina ed ho pensato che come si vinifica, in montagna si nevifica.» Ah, ecco che si spiega tutto. Prima si vinifica, poi si nevifica: un tot di fiaschi dell’una, un tot di metri cubi dell’altra. Prosit!
- «Si dovrebbe autorizzare l’incremento delle riserve d’acqua per la nevificazione»: cari agricoltori delle pianure del Nord Italia, attaccatevi al [CENSURA]! E trovatevi un lavoro onesto, piuttosto di rubare l’acqua a quelli che devono “nevificare” le piste da sci!
- «Non consumiamo acqua, la preleviamo primariamente dai bacini e dai serbatoi.» Nei quali l’acqua notoriamente si accumula per magia, già, lo sappiamo bene tutti, mica perché vi fluisce dal reticolo idrologico della zona! Chi sono quegli ignoranti che mettono in giro tali panzane?
- «In primavera la neve si scioglie e ritorna al ciclo dell’acqua.» Dunque da novembre a aprile si badi bene a non bere, a non annaffiare campi e coltivazioni, a non dover aver bisogno di troppa acqua, ok? Che è ferma lassù, “nevificata” sulle piste da sci – se non si scioglie prima per il caldo anomalo, ovviamente. E le piante il cui ciclo vegetativo naturale necessita di acqua anche in inverno? Solo orribili creature pretenziose, che crepino quanto prima!
- «La montagna altoatesina si spopolerebbe senza turismo invernale». Ohmmamma, dunque tra qualche anno vedremo dei barconi attraversare il Mediterraneo che all’andata portano migranti africani e asiatici e al ritorno saranno carichi di profughi altoatesini ex albergatori o ex maestri di sci con le pezze al sedere?
- «Usiamo acqua e aria, non preleviamo acqua dal ciclo dell’acqua potabile.» Eh?
- «Nonostante siano lustri Mercalli che vaticina la “fine” dello sci…» Dunque, rapporto “Neve Diversa 2023”: impianti dismessi 249; temporaneamente chiusi 138; sottoposti a “accanimento terapeutico” 181; un po’ aperti, un po’ chiusi, 84; tutti numeri in aumento, anno dopo anno. Ecco: se si vuol parlare di vaticini, Nostradamus al buon Luca Mercalli gli fa un baffo!
Ecco. Direi che come stanno realmente le cose, nella realtà montana e nella testa di taluni personaggi, è piuttosto chiaro. Null’altro da aggiungere. Anzi no, una cosa la aggiungo: viva la libertà di opinione!
Gentile sig. Rota, Le riconosco ironia e capacità di scrittura. Se non fosse che in montagna noi ci viviamo e cerchiamo di assicurare un futuro alle generazione che seguiranno, non Le farei perdere tempo. Ritengo invece degne di nota le Sue argomentazioni, che mi permetterò, a Lei piacendo, di attentamente studiare, valutare e, forse, commentare.
Buongiorno Dott.Cappadozzi,
grazie di questo Suo commento, e sappia che apprezzo moltissimo che abbia compreso in primis il tono ironico, che forse riterrà anche troppo sarcastico dal Suo punto di vista ma mirato sempre e comunque a un dibattito costruttivo. Sappia anche che se vorrà commentare le mie sollecitazioni, non potrò che esserne onorato: sono ben conscio che siamo su posizioni diverse (e viviamo su montagne differenti: ma nell’essenza più profonda vi sono realmente differenze tra una montagna e l’altra?) ma ciò non toglie che sarò ben felice di leggere le sue valutazioni e farne elementi di approfondimento della personale conoscenza delle montagne e della relazione di noi umani con esse.
Grazie ancora, buona giornata.