
La Germania. La tanto (da tanti) odiata Germania, che in Europa fa il bello e il brutto tempo, la Germania della Frau Merkel che impone diktat e giudica tutti gli altri paesi europei.
Beh, giusto o sbagliato che tutto ciò sia, qui, ora, non mi interessano tali questioni. Me ne interessa un’altra, della quale quasi nessuno ne ha dato notizia e parlato in Italia. E io credo non casualmente, dacché, sapete bene, i media e gli organi di informazione (?) sanno bene che a volte non devono informare, perché qualcuno preferisce così.
Comunque, venendo al sodo, e proferendo lodi e glorie supreme ad Artribune, unico (prestigioso) media che, mi pare, abbia dato il giusto risalto alla notizia: la commissione Bilancio del Bundestag ha di recente comunicato che gli stanziamenti per la cultura cresceranno nel 2015 di 118 milioni di euro in più, per un totale di oltre 1 miliardo e 300 milioni. Un aumento percentuale del 4,26 %, impensabile con le logiche dei nostri governanti. “La commissione Bilancio ha scelto di dare un forte segnale sulla centralità della politica culturale” ha dichiarato Monika Grütters, ministro tedesco della cultura. “Vorremmo che l’esempio fosse seguito dai responsabili culturali dei diversi Länder, che in un momento finanziariamente difficile non subiranno tagli dal governo centrale”.

Sono dati del 2011 (perché pure nell’aggiornare tali dati siamo bravi e lenti somari!) ma certamente ritenere che negli anni successivi la situazione sia migliorata è purissima, cristallina, irrefutabile utopia. Si veda pure questa significativa infografica, che ho tratto da qui:
Come denota Massimo Mattioli nell’articolo di Artribune citato, “Quello che in Germania non è in discussione, per esempio, è che chiudere o comunque ridimensionare un museo, o un altro centro culturale, non provoca un danno solo nella misura in cui mette in difficoltà i lavoratori direttamente coinvolti: è un vulnus inaccettabile all’identità nazionale, è una minaccia grave alla formazione, all’educazione delle nuove generazioni. E infatti non accade: i fondi destinati alla cultura, giustissimamente, non stanno sullo stesso piano di altri investimenti pubblici, e quindi oggetto di oscillazioni, di contrazioni aprioristiche e incondizionate. Non vengono trattati come investimenti improduttivi e quindi primo bersaglio dei risparmi, come accade spesso anche dalle nostre parti.”
Ok. A questo punto, sappiate che a me, in tutta sincerità, viene solo da dire questo: ma, almeno per quanto riguarda la cultura, dove vogliamo andare?
Dove – vogliamo – andare? Eh?
Deutschland über alles! – altro che! E l’Italia, potenzialmente il paese leader al mondo in fatto di cultura, per mera colpa e ottusità proprie (ovvero per precisa strategia decerebrante in atto da tempo!) deve solo starsene zitta. Purtroppo per tutti noi, che ne subiamo le peggiori conseguenze.
A meno che ci si trasferisca in Germania, certo.
L’ha ribloggato su Fuochi Anarchicie ha commentato:
Come titolava un famoso film di Benigni e Troisi nel 1984, non ci resta che piangere…
Grazie di cuore, VeRA!!! 🙂
E sono già venuto a piangere di là da te…
nel paese dei Cesaroni, l’unica cosa che mi viene da dire è “Che amarezza”…
Vero, Stefano. Ma assolutamente dobbiamo fare in modo che tale nostra amarezza diventi combustibile per un cambiamento di questa vergognosa situazione. Anche solo perché non è bello stare su una barca che affonda senza fare nulla per almeno tappare i buchi e cercare di tenerla a galla!
Certo, sempre che i buchi non siano già troppo grandi e numerosi…
Grazie del tuo commento, Stefano! 🙂
Pienamente d’accordo, Luca. Io nel mio piccolo cerco di incentivare il cambiamento, prima di tutto sul lavoro, dove spesso le persone mi dicono che “non si può fare”. E poi anche nella mia vita quotidiana, piccoli gesti che magari aiutano qualcuno oppure qualcosa (penso ad esempio all’aspetto ecologico o, più in generale, ad un aspetto sociale). Anche sul mio blog, molto più piccolo ed intimo del tuo, cerco di spingere proprio in questa direzione (se passi, mi fa piacere!).
Certa gente non segue più la politica, io invece la seguo ancora di più per intercettare proprio le necessità di cambiamento.
Rimbocchiamoci le maniche!
A parte che il tuo blog non è affatto “molto più piccolo ed intimo del tuo”, anzi! 🙂 Comunque hai ragione: c’è molto da fare e questo “molto” deve essere la somma di quanto possiamo e dobbiamo fare tutti noi. Anche per questo ti seguirò sul blog: un reciproco incentivo a darci da fare e agire!
Grazie ancora di cuore, Stefano, per i tuoi commenti e per le parole scritte!
grazie Luca, davvero!