Troppo rumore, nessuna memoria (Paolo Rumiz dixit #1)

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“Anni fa una ragazza iniziò una ricerca su un maggio. Tornò da me delusa, aveva trovato solo quattro vecchi che ne avevamo sentito un’edizione quando erano bambini, e non ricordavano quasi nulla. “Torna”, le dissi, “e falli ricordare assieme”. Lei tornò e i quattro, aiutandosi tra loro, ricostruirono 260 delle 340 quartine di cui era composto il maggio. Incredibile? Niente affatto. Allora non c’era la tv a occupare la mente. Non c’era il rumore. Non c’era il ronzio di fondo che ci obbliga a non pensare e a consumare. Sai, credo che la demenza senile altro non sia che un hard disk pieno.”

(Paolo Rumiz, La leggenda dei monti naviganti, Feltrinelli, 2007, pag.268)

Non è solo un danno da demenza senile, quello che Rumiz rimarca in questo passo (d’un libro del quale a breve troverete la recensione, qui sul blog). Anzi: forse i vecchi la memoria delle cose passate – spesso più importanti e meno futili di quelle del presente – ce l’hanno ancora, e forse tutti noi, vecchi e giovani, così sottoposti al costante e assordante bombardamento di stupidaggini d’ogni sorta che la nostra società ultramediatica ci propina quotidianamente, veniamo costretti a perdere la memoria – d’altro canto è ormai cosa assodata, questa.
Perché se invece la memoria la sapessimo conservare, non continueremmo a commettere gli stessi errori del passato, e la storia tornerebbe a essere magistra vitae. Di contro, chi ci comanda sa bene che, meno noi ricordiamo, più essi possono commettere (e reiterare) ogni nefandezza e restare impuniti.
Quel rumore di fondo che ci disturba e ci ottenebra la mente non è affatto casuale, teniamolo ben presente.

P.S.: il maggio, o maggio drammatico, è questo.

6 pensieri riguardo “Troppo rumore, nessuna memoria (Paolo Rumiz dixit #1)”

  1. E tu hai sempre ragione. Anche l’abbandono del puro nozionismo e dello studio a memoria è sbagliato secondo me. Mi spiego meglio. Adesso ai bambini delle scuole elementari /medie non viene fatto più imparare niente o quasi a memoria, preferendo uno studio e una memorizzazione per immagini. Questa cosa può andare bene per aiutare il ragionamento e l’uso di un linguaggio proprio (o almeno questo era lo scopo e soprattutto una volta che uno ha già imparato ad usare un linguaggio proprio), ma non è giusto che soppianti completamente il vecchio metodo che, anche se talvolta fine a se stesso, sapeva produrre e garantire nel tempo un radicamento profondo dei concetti memorizzati e della terminologia specifica, cosa che il linguaggio per immagini non sa ottenere. La generazione dei nati negli anni ’70/’80 ancora ricorda a memoria poesie come “A Silvia” o alcuni passi della Divina Commedia, che è vero che nella vita quotidiana non servono, ma è anche vero che creano un modo diverso, la famosa forma mentis, di approcciarsi alla materia di studio. A dimostrazione di ciò è il fatto che quelle su citate sono le ultime generazioni capaci di approcciarsi, senza scoraggiarsi più di tanto, ad interi manuali senza immagini e che non hanno necessariamente bisogno di linguaggi ed espedienti musicali e informatici per venirne fuori. E ancora, per essere più aderente al tuo discorso, il rumore di fondo produce l’urgenza di altro rumore di fondo e allontana la voglia di leggere, meditare e creare in genere sia manualmente che mentalmente, creando individui robot che non sanno cosa fare in assenza di stimoli visivi o uditivi esterni ed imposti.
    Ecco come al solito mi sono allargata 😀 anche se l’argomento è lungi da essere esaurito in così poco tempo. Grazie, ciao 🙂

    1. Dì un po’, Faby…
      Lo fai apposta, vero?
      Intendo, lo fai apposta di scrivere commenti così interessanti che mi mettono in obbligo di doverli trasformare in articoli veri e propri… 🙂
      Posso? Me ne concedi l’opportunità?
      Così avrei l’occasione di approfondire ancora meglio il tema, grazie ad una testimonianza di chi si occupa professionalmente di “sollecitazione” e “sfruttamento” della memoria a fini assolutamente virtuosi. Un tema peraltro parecchio intrigante, per come insieme ad altri (ma con rara importanza) si ponga alla base della generazione dell’individuo e della sua essenza intellettuale, oltre che, di rimando, di quella memoria collettiva che la società dovrebbe preservare e utilizzare in modo assolutamente intensivo, e indispensabile per la generazione di quel (leggendario, ahinoi) senso civico che renda la società stessa qualcosa di virtuoso, appunto, per chi la componga.
      Ah, però, prima di tutto: scusa per il ritardo con cui ti sto rispondendo! :/

      1. 😊 e io che, per questo tuo silenzio, avevo creduto di non aver azzeccato appieno con i miei commenti il punto della questione e di essere andata fuori tema . Come sempre felice e onorata di far parte dei tuoi articoli. Perciò la prossima volta che farò un commento intelligente 😆 😂 ti autorizzo a sfruttarlo tranquillamente senza chiedermelo. Magari citami così vengo a leggerti/mi. Grazie grazie grazie ancora 😊😊😊

  2. A completamento di quanto detto stamattina lo studio della memoria storica, quella oggettiva e non faziosamente di parte, servirebbe a creare individui pensanti, capaci appunto di non reiterare alcuni nefasti errori che impediscono di progredire. A livello storico abbiamo già dimenticato le lezioni che le due grandi guerre avrebbero dovuto insegnarci. Abbiamo perso la memoria in tutti i sensi e quella che ci vogliono insegnare è inutile e pilotata. Ecco credo di aver detto tutto. Quello di stamattina era solo una piccola parte del discorso. Ma è sui banchi di scuola che si impara la memoria (in ogni aspetto) e ancora la scuola non aiuta a coltivarla e conservarla.

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