Qualche settimana fa ho pubblicato un post, qui nel blog, intitolato E se invece si facesse scoppiare una rivolta dei libri?, per rimarcare come in Italia ci sia forse bisogno di una autentica e profonda rivolta culturale, soprattutto, prima che meramente politica – come quelle più o meno forconate che si sono manifestate nelle scorse settimane, che hanno avuto lo stesso effetto di uno starnuto durante un uragano.
Tra i vari commenti ricevuti a quel post, voglio citare quello di Guido Mura per come abbia ragione scrivendo: “Tra regionalismi, elitarismi, rimasticature di fenomeni culturali della dominante cultura statunitense, la letteratura italiana non sa bene dove andare. Come potrebbero ribellarsi i nostri libri, se anche loro sono figli del sistema e della sottocultura in cui ci dibattiamo? Vogliamo proporre qualcosa di nuovo, facendolo nascere dalle nostre ceneri italiane e mitteleuropee? Bene. Ma troveremo imprenditori in grado di comprendere la forza rivoluzionaria e costruttiva di una tale operazione? Come ho sempre sostenuto, il problema di fondo del nostro paese è una classe dirigente e imprenditoriale inadeguata e timorosa, a sua volta non incoraggiata nel suo agire da una classe politica ottusa.“
E’ vero, appunto: non è detto che una pur buona rivoluzione culturale – che per me è sinonimo di rivoluzione del pensiero anche per come i libri e la lettura siano la migliore palestra per la libertà e l’emancipazione di esso, sotto ogni punto di vista – non venga soffocata dal sistema di potere vigente talmente deviato e marcio da non poter essere nemmeno un poco raddrizzato e purificato. E’ un’osservazione concretamente realistica e pragmatica, quella di Guido. Tuttavia, forse ingenuamente, forse utopisticamente, forse ottusamente, resto convinto che solo nella cultura – e con la cultura – si possa costruire un vero cambiamento, dacché solo la cultura può possedere in sé l’impulso, la forza, il raziocinio e insieme la creatività politico-sociale (oltre che, bisogna dirlo, l’intelligenza) per metterlo in atto. Non vedo, altrimenti, quale altro settore della società e della vita pubblica possa ottenere ciò, senza nel caso creare forse ancora più danni di prima. Come osserva Guido, ciò significa anche che lo scrittore – ovvero il letterato e l’intellettuale in generale – deve sobbarcarsi un diritto/dovere fondamentale: quello di rivendicare la propria totale autonomia e libertà rispetto al sistema e alla sua sottocultura (nonché al potere politico che con essi domina: cosa sottintesa ma che è bene comunque precisare), e comprendere che un’opera letteraria deve – e ribadisco, deve – avere in sé e ottenere anche uno scopo culturale, dunque sociale e politico, non solo di intrattenimento. E ciò non vuol dire che non si debbano più scrivere libri leggeri, ci mancherebbe, non è questo il punto, ma semmai che la cultura, quella vera, deve tornare a rappresentare il primo mattone per la costruzione della società, ergo che chi produce cultura deve porsi tale responsabilità, dovere, diritto, fine – chiamatelo come volete – come imprescindibile.

Posto ciò, ho pure provato a pensare come realizzare una rivolta dei libri partendo dal basso, da azioni – credetele necessarie, possibili, improbabili, folli, fate voi: ho solo appuntato, e di getto, pensieri che mi frullavano in testa – che chiunque potrebbe mettere in atto, individualmente o in gruppo, esattamente come si è visto in TV certi individui scendere nelle strade e bloccarle con un forcone in mano, ottenendo alla fine, lo ribadisco, meno di nulla – anzi, probabilmente danneggiando altri cittadini senza invece nemmeno sfiorare il potere, che dai suoi palazzoni dorati se la rideva e se la ride. Alla fine io credo, ne sono fermissimamente convinto, che un libro sia un’arma miliardi di volte più efficace di qualsiasi altra: per questo ho appuntato questo elenco…
– Facciamo capire in modo chiaro e inequivocabile al potere dominante che noi non siamo il popolo pecorone facilmente assoggettabile e dominabile che esso vuole, che noi la mente ce l’abbiamo attiva e funzionante, rifiutando le sue imposizioni, le sue ipocrisie, illuminando le sue falsità, mettendolo davanti alle sue responsabilità e colpe, in primis quelle etiche, civili e sociali!
– Scendiamo nelle piazze e blocchiamole ma non commettendo atti di violenza, semmai leggendo libri seduti sull’asfalto, sui selciati, sui marciapiedi! E’ già stato fatto, ma sono state manifestazioni estemporanee di pochi: facciamole diventare di migliaia, decine di migliaia!
– “Imprigioniamo” i politici dentro i loro palazzi del potere bloccando le uscite con muri di libri! Se ne dovranno uscire abbattendoli, dimostrando così anche materialmente come per essi la cultura non conti nulla!
– Contrapponiamo alle parole vuote e inutili dei politici le parole piene di senso e di cultura dei più grandi letterati, degli scienziati, dei pensatori, degli intellettuali di pregio, traendole dalle loro opere e traendone per noi insegnamenti e riflessioni per nuove idee, nuove azioni!
– Combattiamo una volta per tutte la strategia di istupidimento mediatico che il potere porta avanti, rifiutando quanto ci viene propinato da TV e giornali ovvero da ogni altra cosa simile di così offensivo per la nostra intelligenza!
– Facciamo della cultura, in senso generale, il motore primario del paese, il propellente fondamentale per il pensiero comune e l’opinione pubblica! Il futuro si costruisce sulla cultura, sul buon senso civico, sull’intelligenza, la conoscenza e la consapevolezza diffusa, non sul denaro, non sul potere politico e finanziario, non sul consumo di beni inutili che arricchiscono pochi e inebetiscono tanti!
– Riportiamo al centro della società l’essere pensante e che esiste in quanto tale, non quello che appare e pretende di esistere in modo imposto e artificioso. Sono le idee, le parole e le azioni individuali a determinare il valore di una persona, non l’immagine esteriore!
– E, ancor di più, riportiamo al centro di tutto il pensiero libero, ovvero la prima e più grande libertà che l’uomo possieda!
Sto soltanto vaneggiando, forse, credendo alla possibile realtà di una mera utopia. Eppure sono convinto che spesso l’utopia è soltanto una realtà che nessuno ha ancora avuto il coraggio di realizzare.