A leggere notizie del genere (cliccate sull’immagine per leggerla pure voi) mi vengono in mente le immagini di certe sfilate di moda di grandi stilisti nelle quali vengono proposti abiti di una bruttezza infinita che renderebbero ridicolo chiunque li indossasse, anche la persona più bella. Eppure sono abiti che qualcuno comprerà a cifre iperboliche solo perché capi di quel tal gran stilista e indosserà rendendosi inesorabilmente ridicolo, appunto – ma ovviamente pensando invece di essere il più “figo” di tutti.
Ecco, certi gestori del turismo contemporaneo mi pare si comportino allo stesso modo: sanno* di proporre delle stupidaggini colossali, ma sanno pure che comunque moltissimi apprezzeranno e accorreranno per “goderne”, pensando che sia una “figata” e di essere parimenti “fighi” loro che ci si divertiranno, non essendo in grado di capire quanto invece il tutto sia – e renda il fruitore – incredibilmente ridicolo.
D’altro canto il turismo di massa contemporaneo deve ormai ricorrere a tali grottesche “attrazioni” per autoalimentarsi, coltivando di conseguenza un pubblico – mi permetto di dire – dalla qualità sempre più scadente il quale farà degradare di conseguenza l’immagine e l’identità del luogo. Il qual luogo, ovvero la comunità che lo abita sulla quale ricadono gli effetti di quel tipo di turismo, è il soggetto che può assentire a tutto questo oppure che ha facoltà di opporsi: ma deve essere ben conscio di dove si trovi la linea oltre la quale si entra nell’ambito del ridicolo, ribadisco. Un ambito dal quale è ben difficile tornare indietro.
*: naturalmente si può discutere sul fatto che il presupporre che lo sappiano sia da considerare a discolpa di quei gestori oppure quale aggravante circa il loro operato.
P.S.: in ogni caso, nonostante quanto sopra, quello della moda resta un settore affascinante e rispettabile ben più di quanto lo sia il turismo, in certe sue circostanze.