
Al netto del proprio specifico caso, le affermazioni di Demetz mettono in luce un argomento assolutamente palese eppure ampiamente sottovalutato: l’aumento spropositato delle portate degli impianti di risalita contemporanei rispetto ai luoghi che servono e alle loro possibilità di accoglienza. Detto in altre parole: il turismo di montagna che crea da sé l’overtourism, con impianti sempre più potenti e capienti rispetto ai quali tuttavia non si tiene conto della superficie disponibile per i turisti che trasportano. Funivie, telecabine e seggiovie che se da un lato rappresentano veri e propri gioielli della tecnologia, dall’altro non servono solo a smaltire le code e a migliorare l’esperienza turistica nelle località che le installano ma soprattutto hanno lo scopo fondamentale di alimentare con numeri e presenze sempre maggiori l’industria turistica che altrimenti non potrebbe finanziariamente stare in piedi. Il tutto, ribadisco, a scapito dei territori coinvolti, sottoposti a una pressione antropica sempre meno sostenibile, in certi casi già evidentemente degradante. Il grafico sottostante sulle portate orarie dei vari impianti di risalita è assolutamente significativo al riguardo (cliccateci sopra per ingrandirlo):
Se, come sostengo da tempo, per stabilire il limite fisiologico (nei vari aspetti ai quali il termine può riferirsi) di accoglienza di un luogo turistico è indispensabile determinare la cosiddetta Capacità di Carico Turistica (CCT), dato fondamentale teorico e pratico che consente la migliore gestione possibile di qualsiasi spazio deputato alla fruizione turistica, la CCT dovrebbe essere determinata veramente per ciascun spazio turistificato, dalla grande città alla piccola località, finanche alla singola pista da sci.
Ecco, vi propongo un esempio pratico proprio legato alle piste da sci, basandomi su uno dei tracciati di discesa più noti e frequentati del comprensorio sciistico di Madesimo – località presso la quale ho passato molta parte della mia giovinezza montana e che dunque conosco a menadito –, la pista “Vanoni”. Nell’immagine sottostante, tratta da una serie che utilizzo di frequente negli incontri pubblici che tengo sul tema dell’overtourism in montagna, ho riassunto il calcolo della Capacità di Carico Turistica della pista utilizzando, visto il contesto analizzato, i suoi parametri fisici:
Alcune precisazioni: 80m2 è lo spazio di cui, in base ai documenti tecnici riguardanti la sicurezza sulle piste da sci, uno sciatore ha mediamente bisogno per utilizzare una pista da discesa in maniera sicura sia per se stesso che per gli altri sciatori; la “rotazione 3x” indica che uno sciatore può discendere la pista mediamente per tre volte in un’ora, considerando che, ovviamente, se è particolarmente bravo e veloce la rotazione sarà maggiore e se principiante e lento minore.
Detto ciò, come vedete, risulta che la pista “Vanoni” ha una CCT massima di 1.950 persone all’ora, ma se il precedente impianto che la serviva – una seggiovia biposto – aveva una portata assolutamente inferiore alla CCT, l’impianto attuale – una seggiovia esaposto ad agganciamento automatico – ha una portata di quasi il 50% maggiore. In parole povere: l’impianto esistente, con la sua grande portata, ha inesorabilmente sottoposto la pista “Vanoni” a un regime di iperturismo, con conseguenze non solo sulla fruibilità della stessa pista e sulla pressione antropica esercitata sul terreno che la ospita ma anche sulla sicurezza degli sciatori che la utilizzano, i quali si ritrovano a essere troppi rispetto a quanti la pista ne potrebbe sostenere. Duemilaottocento persone trasportabili contro le millenovecentocinquanta sostenibili: ormai il danno è stato fatto e non c’è possibilità di risolverlo – se non con un downgrading funiviario, cioè sostituendo l’impianto attuale con uno meno potente: ipotesi che i gestori del comprensorio non prenderanno mai in considerazione, per quanto detto poc’anzi.*

Quindi, mi viene da dire: viva la piccola, vetusta, traballante ma pure affascinante ovovia della Forcella del Sassolungo, a suo modo un filtro turistico efficiente e al momento inesorabile in grado di “salvare” almeno un poco o quantomeno di limitare la pressione su quel luogo così speciale, vero e proprio nido d’aquila incastonato tra lo stesso Sassolungo – o meglio il suo Spallone” e la Punta delle Cinque Dita.

*: ci sono altre due piste da discesa servite dalla seggiovia della “Vanoni”, ma chi conosce Madesimo sa bene che il grosso degli sciatori portati a monte dall’impianto utilizzano per scendere la suddetta “Vanoni”; d’altro canto, pur tenendo conto della frequentazione degli altri tracciati, la differenza tra la portata dell’impianto e la superficie delle piste a disposizione rende la condizione di sovraffollamento evidenziata inevitabile.


