
È in corso un ennesimo sciopero, in Italia, questa volta dei benzinai. Una pratica di (presunta) protesta talmente frequente da essere diventata “normale”, e per ciò notevolmente depotenziata e banalizzata in merito al suo senso e al valore originari.
Fermo restando il rispetto e la comprensione per le motivazioni di chiunque protesti, spesso con giusta causa, trovo che qui la pratica dello sciopero sia ormai anacronistica, demagogica, pletorica e di mera facciata, legata a solite e ottuse strumentalizzazioni di parte, all’incapacità di dialogo istituzionale tra gli elementi politici nazionali e al voler/dover far scena a beneficio dei media; di contro, lo sciopero spesso crea problemi soprattutto a chi non c’entra nulla con le parti in causa nella vertenza a cui si riferisce.
Sarà, ma credo che ad oggi, anno 2019, e salvo rarissimi casi, essere qui ancora a “risolvere” vertenze sindacali nei settori produttivi del paese a colpi di scioperi, sia soltanto o una meschina messinscena, appunto, o comunque una cosa da società arretrata e in costante regresso.
(Image credit: https://pixabay.com/it/users/iirliinnaa-3829110/; elaborazione mia.)
Gli scioperi in Italia sono solo scena o al più dimostrazione. I francesci, i manifestanti di Hong Kong e altri ci fanno vedere cosa voglia dire protestare, noi non ne siamo capaci. D’altra parte una vera rivoluzione di popolo, in Italia, non c’è mai stata.
E non ci sarà mai, tranquillo. Almeno finché non si arriverà ad avere veramente le pezze al sedere. O quando non ci sarà più il campionato di calcio – ma anche qui non so, ho i miei dubbi.