Ancora sul rischio di estinzione dei piccoli librai: quando alcuni sono indipendenti sì, ma dalla coerenza e dall’onestà…

Voglio dare un rapido ma assai significativo seguito all’articolo pubblicato qui sul blog (e non solo qui) qualche giorno fa, e dedicato al sempre più grave pericolo di estinzione dei librai piccoli e indipendenti nel mercato contemporaneo dominati dalle oligarchie editoriali, dai grandi distributori, dagli ipermercati e – cosa correlata – dai titoli della pseudo-letteratura di consumo.
E’ un seguito che, facendo contro-eco al mio grido d’allarme sulla sopravvivenza delle piccole librerie e al relativo apprezzamento del loro valore culturale e sociale, vuole invece mettere in luce che – banale dirlo tanto quanto triste, e pure irritante – non tutti i librai indipendenti sono angeli, anzi… Ci sono pure quelli che, pur sbandierando la propria indipendenza da grossi gruppi industriali, leggi di mercato, consumismo editoriale e quant’altro, nella pratica non fanno che imitare, se non scimmiottare, quei grossi gruppi, divenendo complici della corruzione e della distruzione del mercato editoriale di qualità e della falcidia dei suddetti piccoli librai.
Ed è un seguito che mi viene direttamente “raccontato” da un collega scrittore, scaturito durante una chiacchierata on line sulla questione, e che trovo parecchio interessante da proporvi di seguito (dietro suo consenso, ovviamente, per il quale lo ringrazio molto):

Ecco, allora quando ho letto il bellissimo pezzo di Luca mi è venuta in mente una cosa che mi è successa e che vorrei dirvi. Ho frequentato per quasi due anni una libreria dove si tenevano corsi a cui partecipavo. Una libreria che si definiva e si definisce tuttora alternativa e indipendente. Una libreria che poi ho trovato anche nell’elenco delle librerie fiduciarie del mio editore. Una libreria dove alcuni amici hanno proposto a più riprese una presentazione del mio libro. Una libreria, alternativa, indipendente e ben lontana dalla grande distribuzione, dove mi hanno chiesto di portare una copia per valutarne la presentazione. Bene o meglio… mi eran già girati i co****ni. Comunque vado e mi chiedono se l’editore mi ha chiesto di comprarne delle copie. Visto che scrivere lo ritengo un bellissimo passatempo e come tale lo faccio per piacere, non mi va di dire balle. Ho risposto loro, ma avevo già capito, che sì, alcune copie le avevo comprate. Dopo oltre un mese li ho chiamati io, più che altro per avere indietro il mio libro che a saperlo in loro mani mi giravano ancor di più, mi hanno detto che non l’hanno nemmeno letto perché sono contrari all’editoria a pagamento, che con quei soldi me lo sarei potuto autoprodurre, che di sicuro sarebbe costato meno, che se farò successo, come mi augurano, saranno ben lieti di presentare i miei prossimi libri editi con altre case editrici.
Ecco allora a me vien da dire che di “queste” librerie alternative e indipendenti, forse un po’ troppo alternative e indipendenti per i miei gusti, non me ne frega niente.

Letta tale così significativa riflessione, la risposta che ho scritto al “collega” è stata questa:
Sai, la situazione che hai vissuto con quella libreria “indipendente” l’ho conosciuta anch’io, e più volte, con altre librerie che si proclamavano tali – tirandosela anche parecchio – mentre nel concreto era ben peggiori delle altre di catena, dove quanto meno ti dicono di no perché “non siamo interessati ad autori di case editrici non trattate dai nostri distributori” e blablabla simili e, insomma, ti fan capire che o sei Fabio Volo o non ti si filano manco di striscio. Ma almeno lo sai, li insulti un po’ e amen.
Ovviamente il mio articolo concerne la realtà di tutti quei piccoli editori, tanti dei quali ho conosciuto personalmente, che ancora resistono all’assalto degli iperstore – il mio libraio di fiducia è così, ad esempio: un pazzo suicida (professionalmente) che resiste con la sua piccola libreria in un paese circondato da almeno 20 ipermercati nel raggio di 10 km… – e che vorrei facessero (o potessero fare) di più per contrastare le mutazioni del mercato, appunto. D’altro canto, le mele marce ci sono ovunque, il che per me significa che dobbiamo trovarle e quanto meno far vedere quanto sono marce, non certo meramente accettare che ci siano perché “tanto è così che vanno le cose…”.
No, e proprio per il senso di quell’articolo che ho scritto dovremmo – noi autori, editori e chi è coinvolto nel “giro” – in qualche modo far capire ai librai come quello che tu hai incontrato che non hanno capito nulla, e che in tale modo faranno crepare i piccoli autori ed editori ma loro pure appena dopo, e che – nel tuo caso – prendere peraltro a pretesto la storia dell’essere contro l’editoria a pagamento, con le folli strategie di mercato messe in atto dai “nobili” grandi editori, con libri di me**a (e scusate se uso il termine “libri”, che certi titoli nemmeno se lo meritano! L’altro termine sì’, invece, se lo meritano eccome!) venduti a 25 euro o più, ovvero ebook a 15 euro quando a loro costeranno 50 centesimi a esagerare, è veramente da ipocriti, oltre che da cretini.

Appunto, preservare una realtà tanto fondamentale per la nostra società – attuale e certamente ancor più futura – come quella delle librerie piccole e indipendenti, dove il libro è ancora l’oggetto culturale per eccellenza e non un mero bene di consumo come un detersivo o un pacchetto di merendine, significa anche identificare chi gioca sporco, o chi ipocritamente tiene il piede in due scarpe, proclamandosi in un modo e palesandosi in un altro, e ciò solo per mero egoismo ovvero per correre dietro al presunto carro dei vincitori – che in verità, vista la situazione oggettiva del mercato editoriale, è forse più scalcagnato dei tricicli sui quali si muovono traballando l’editoria e la distribuzione indipendente.
Poi, per carità, ognuno è pure libero di fare ciò che vuole: ma allora che non si continui a piangere ipocrite lacrime di coccodrillo al capezzale del comatoso mercato editoriale italiano e, al capezzale accanto, della letteratura nostrana di qualità mentre nelle classifiche primeggiano sfumature grigie, fabivoli e ricettari televisivi!

2 pensieri riguardo “Ancora sul rischio di estinzione dei piccoli librai: quando alcuni sono indipendenti sì, ma dalla coerenza e dall’onestà…”

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