Friedrich Dürrenmatt, “Il giudice e il suo boia”

cop_Il giudice e il suo boiaDa sempre la lettura delle opere di Friedrich Dürrenmatt genera in me una sensazione che mi viene da definire di profondità. Profondità di campo, di vedute, profondità psicologica e sociologica, di senso, di lettura; ma anche profondità intesa come serietà, come importanza, e pure nel senso più letterale del termine, dal momento che nel corso della lettura la mia mente disegna scenografie ben più vaste di quanto la storia letta potrebbe richiedere, a volte ombrose, in certi casi anche cupe, quasi gotiche, generalmente crepuscolari – ecco: chissà perché, ho sempre la sensazione che le storie narrate dal grande scrittore svizzero (indubbiamente tra i maggiori autori del Novecento) debbano avere un’ambientazione serale o notturna… E’ una sensazione del tutto personale, ribadisco, qualcun altro potrebbe averne di totalmente opposte, eppure anche la lettura de Il giudice e il suo boia (Feltrinelli, 2003 – prima uscita in origine: 1952 – collana “Universale Economica”, traduzione di Enrico Filippini) mi ha generato simili percezioni. E’ un giallo atipico, questo libro: innanzi tutto molto “veloce” – sono soltanto poco più di 100 pagine in totale – e nella cui vicenda un vecchio e malato commissario della polizia bernese, Bärlach, si trova ad indagare sul caso di omicidio d’un collega…

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I giornali? La cosa più inutile… (Friedrich Dürrenmatt dixit #1)

durrenmatt_friedrich_caricaturaI giornali sono la cosa più inutile che sia stata inventata negli ultimi duemila anni.
(Friedrich Dürrenmatt, Il giudice e il suo boia, Feltrinelli, Milano, 2004, pag.9)

…E oggi, nell’era dell’informazione libera sul web, ancora di più. Ma Dürrenmatt affermò quanto sopra in un romanzo uscito nel 1952; chissà cosa sosterrebbe ora, il grande scrittore svizzero, dopo altri settanta e più anni di inutilità che ci è toccato (spesso per imposizione forzata) di subire…