“Sempre, in tutta la mia vita, ho avuto grande curiosità per ogni cosa, non solo per l’uomo, che ho guardato vivere ai quattro angoli della terra, o per la donna, che ho inseguito quasi dolorosamente tanto era forte, e spesso lancinante, il bisogno di fondermi con lei; ero curioso del mare e della terra, che rispetto come un credente rispetta e venera il suo dio, curioso degli alberi, dei più minuscoli insetti, della più piccola creatura vivente, ancora informe, che si trova nell’aria o nell’acqua.“
(George Simenon, da Memorie intime, traduzione di Laura Frausin Guarino, Adelphi, 2003, p.51)
A volte si tende facilmente a pensare che la scrittura – o l’arte dello scrivere, dovrei dire – sia soprattutto figlia della fantasia, e senza dubbio ciò è vero. Ma, come denota bene Simenon, è forse (per me è certamente) ancor più figlia della curiosità, dell’interesse verso ogni cosa, dell’osservare tutto e tutti, della volontà di conoscere e sapere, di ammirare e capire, del domandarsi di tutto e cercare per tutto una buona risposta, del crescere e acquisire con l’età una certa saggezza eppur restando sempre come dei bambini curiosi verso ogni cosa, e come se ogni cosa intorno fosse nuova, mai vista, sconosciuta, anche quando fosse ciò di più ovvio, banale e quotidiano che ci sia.
In fondo, la fantasia è a sua volta figlia della curiosità, e in ogni cosa senza di questa la prima non può che finire, inevitabilmente, per inaridirsi, spegnersi, o alla meglio per arrotarsi su sé stessa.
Ergo, ha ragione quel grande scrittore che George Simenon fu: la letteratura sarà tanto più buona quanto più si nutrirà di una sconfinata e irrefrenabile curiosità.
Rovescio della medaglia, al proposito: se troppi a questo mondo continueranno a dimenticare – come già ora fanno – quanto sia inestimabilmente prezioso essere curiosi, la suddetta buona letteratura avrà certamente vita (sempre più) dura nel farsi notare, in mezzo a tanti libroidi che non richiedono curiosità ma, ben più spesso, indifferenza – soprattutto nei confronti del valore e del senso autentico della lettura – e apatia, nello scegliere cosa leggere… Ma questa, probabilmente, è un’altra storia. La solita storia.
Non potrei essere più d’accordo di così!!!
Anch’io! 🙂
Come sempre grazie di cuore del tuo commento!
Non potevi essere più dentro al senso dell’esprimere la vita e alla sua importanza, per questa riflessione. Completamente sì 🙂
Oh, grazie! 🙂
Beh, a quanto pare ci sei dentro allo stesso modo pure tu – e in effetti dovremmo esserci dentro tutti, non solo per poi esprimere quanto ne ricaviamo ma, in primis, per viverla, la vita, nel modo migliore, più intenso e proficuo possibile.
Ancora grazie infinite del tuo commento!
Ciao Luca, ho letto con interesse il tuo post. Quando tanta informazione e tanti giudizi ti vengono spiattellati da ogni “organismo” digitale in innumerevoli modi – o nello stesso modo sempre uguale – la curiosità rattrappisce. Ognuno poi catalizza la curiosità verso ciò che sente di più vero dentro al cuore. Simenon deriva la sua capacità descrittiva da questo interesse per “mare” e “terra”, come Teresa D’Avila prendeva le sue riflessioni dal suo rapporto esclusivo con Dio. Buona scrittura e buona Pasqua!
Hai ragione, Ornella. Credo che spesso il riuscire a distinguersi dalla massa, in qualsiasi modo ciò avvenga, più che per talento, capacità particolari o che altro, sia dovuto proprio al rimanere sempre curiosi. Perché, banalmente, la curiosità tiene in costante movimento la mente, dunque genera pensiero, e quando questo c’è forse si è meno disposti ad accettare e a credere pedissequamente a tutto quanto ci viene calato e spiattellato dall’alto, come giustamente tu dici. Il cuore poi, certo, conta moltissimo, inevitabilmente: e, anche in tal caso, non si può che restare costantemente curiosi di constatare dove ci porterà, altrimenti il suo pulsare vitale non sarà che uno sterile meccanismo automatico…
Grazie infinite per il tuo illuminante commento, e buona Pasqua anche a te! 🙂