Ok, è scientificamente provato che la razza umana, dopo aver ingannato chiunque capovolgendo la classifica che la metteva all’ultimo posto tra quelle viventi sulla Terra in quanto a intelligenza e con ciò arrogandosi il diritto di comandare su tutto e su tutti, sta distruggendo il pianeta sul quale vive. Dunque, che fare? Discutere con i personaggi fautori di questa distruzione? Come parlare ad un muro. Cercare con azioni politiche di fermare lo scempio? Propugnabile, se non fosse che molto spesso i politici si fanno corrompere da quelli. Quindi?
Beh, un altro sistema ci sarebbe ma non si può dire, pena l’accusa certa di sovversione, dunque piuttosto che dirlo meglio scriverlo: forse ha pensato questo Edward Abbey quando mise per iscritto il testo de I sabotatori (Meridiano Zero, 2001, traduzione di Stefano Viviani, prefazione di Franco La Polla; orig, The Monkey Wrench gang, 1975), romanzo che potrebbe pure passare per manuale d’azione, per così dire, sulla questione; e non sto affatto esagerando, visto come questo testo, e l’influenza intellettuale di Abbey stesso, almeno in parte, effettivamente influenzò alcuni movimenti piuttosto oltranzisti dell’ambiente ecologista angloamericano, Earth Firts! in primis.
Appunto, ecologia, difesa dell’ambiente “attiva”. I sabotatori – anche il titolo è fin da subito programmatico – è la storia di una piccola e raffazzonata banda di “ecologisti radicali” la quale un bel giorno decide che l’uomo lì intorno alle loro terre sta veramente esagerando con la sua totalitaria antropizzazione, cancellando la bellezza e l’anima di un territorio tra i più selvaggi e incontaminati di tutta l’America…

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