Ci avrete certamente fatto caso che, nei comunicati spesso parecchio enfatici (quando non palesemente propagandistici) che presentano progetti, opere e infrastrutture ad uso soprattutto turistico nei territori montani, vi è un uso talmente reiterato di alcuni termini e definizioni che molti ormai dichiarano – in modi più o meno motivati – di non sopportare più.
Di seguito ne ho raccolti alcuni:
- Sostenibilità: in effetti, ormai, per sostenere che un’opera è “sostenibile” basta scrivere nei documenti che la presentano che è «sostenibile». Fine. Che poi lo sia veramente e come effettivamente lo sia, spesso non è dato sapersi.
- Destagionalizzazione: uno dei termini-mantra più diffusi, questo, dietro il quale sovente si nasconde l’intenzione, più che di spalmare le presenze turistiche di una località lungo tutto l’anno, di replicarne meramente i numeri e le modalità. Un inganno che mira alla massificazione turistica illimitata, in pratica.
- Valorizzazione: altro termine-mantra diffusissimo con il quale si vorrebbe far credere di evidenziare il “valore” paesaggistico e ambientale di un luogo mentre spesso, in realtà, lo si vuole mettere a valore, cioè trasformarlo in bene di consumo, applicargli un prezzo e così (s)vendere al mercato turistico.
- Spopolamento: ciò contro cui ad ogni buona occasione si dice di “lottare” e per farlo si spendono montagne di soldi pubblici realizzando opere che alla popolazione servono poco o nulla. Infatti, basta dare un occhio ai dati demografici per capire che, dove si facciano quelle opere lottare contro lo spopolamento, i posti si spopolano come e più che altrove.
- Resilienza: devo dire che il termine a me piace, ma sicuramente in molte occasioni viene usato a sproposito ovvero, evidentemente, senza saperne il significato corretto. Così spesso diventa un vocabolo che non indica la necessità di adattamento dell’uomo alle specificità naturali ma giustifica la pretesa di adattare la Natura alle volontà dell’uomo.
- Overtourism: anche questo termine, in sé e al netto dell’essere un anglicismo, non ha nulla di contestabile, ma di sicuro è stato forse il più citato della scorsa estate e probabilmente lo sarà anche delle prossime stagioni turistiche, di nuovo in modo ripetutamente improprio: infatti ciò che viene definito overtourism spesso non lo è, il termine ha una definizione “tecnica” piuttosto precisa e per le località montane si dovrebbe parlare di overcrowding o di sovraffollamento intermittente/irregolare, più tipico sui monti.

- Panorama mozzafiato: ma precisamente da quando la veduta ampia di un luogo particolarmente bello genera così gravi problemi di respirazione a molte persone?
- Effetto “wow”: «Nel marketing, effetto di sorpresa e ammirazione suscitato nel consumatore tramite un’abile presentazione delle novità e qualità del prodotto». Ecco, appunto: si veda sopra alla parola valorizzazione e poi si rifletta su cosa c’entri con un luogo in montagna.
- Rispetto per l’ambiente: un po’ come accade per sostenibilità, anche in questo caso per far credere che un’opera o un progetto siano rispettosi dell’ambiente, basta scrivere da qualche parte e rimarcare che promuovono il “rispetto per l’ambiente”. E, di nuovo, come lo facciano è cosa che rimane sovente misteriosa.
- Stakeholders: in effetti fino a qualche tempo fa era più diffuso e usarlo faceva molto “figo”, poi evidentemente si è diffusa maggiormente la percezione di non sapere cosa significasse veramente e ciò l’ha reso un po’ meno abusato, anche se lo si può trovare ancora, qui e là.
Ma sono solo alcuni, di termini e definizioni similari se ne potrebbero citare moltissime altre.
In generale è evidente che pure in tema di montagne, turismo e cose affini, un po’ come succede in altri ambiti, il lessico pubblicamente in uso si sta molto standardizzando e impoverendo: è una manifestazione pressoché inevitabile della pari omologazione dei modelli e delle dinamiche attraverso le quali l’industria turistica persegue le proprie finalità e si impone nei territori viepiù turistificati, rivelandone la matrice puramente economico-speculativa per la quale non servono troppe parole ma i soli termini giusti e efficaci da trasformare in slogan, come il marketing insegna. Tutto legittimo, sia chiaro, se non che in presenza di una cultura della frequentazione montana piuttosto scarsa e superficiale certi termini, anche quando utilizzati in buona fede, possono facilmente generare cortocircuiti notevoli e non di rado dannosi.
In ogni caso, penso proprio che anche voi ne conoscerete altri di termini che sentite o leggete così spesso e, magari, con significati talmente impropri da non poterne più… quali sono, e perché non ce la fate più a sopportarli?