2 pensieri riguardo “Il genere “sui generis”. Le prefazioni dei libri, quando poche parole possono condizionare il successo di un’opera”

  1. Mi trovo d’accordo con tutto quello che hai scritto. E credo che la stessa attenzione e delicatezza bisognerebbe averla anche nel redigere una recensione, anche se alla fine è meno impegnativa di una prefazione a un libro. Per carità, è perfettamente normale che chi ha letto un romanzo o un saggio o altro ancora ci metta dentro qualcosa di suo nell’esporne l’analisi, in particolare il gusto e lo stile personale, ma sarebbe comunque importante cercare di non eccedere in passione o critica, al fine di non condizionare i futuri lettori, così come non si dovrebbe rivelare troppo della trama (nel caso del romanzo). Operazione sicuramente non facile, che a mio avviso si sviluppa solo con l’esperienza.

    1. Hai perfettamente ragione, Alessandra, e metti in luce tutta la difficoltà propria della critica letteraria, forse la più ostica tra le “critiche” artistiche dato che deve basare il proprio giudizio solo su parole lette (senza immagini, suoni o altro di più “corposo”, appunto), e sull’interpretazione di esse. Il confine tra banalità e boria è molto labile e, proprio come dici tu, forse l’unico modo per affinare tale impegno è leggere. Leggere leggere leggere, anche non per poi “criticare” ma leggere e nel modo più consono al termine stesso. Ecco, mi sa che molti critici e/o estensori di prefazioni/recensioni a volte non leggano veramente i testi di cui disquisiscono, e non facciano altro che renderli strumento utile per mettersi in mostra.
      Grazie di cuore delle tue ottime osservazioni, e del tuo apprezzamento al mio articolo!
      Ciao! 🙂

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