Recita proprio così un vecchio adagio popolare, a indicare che va bene il coraggio, l’intraprendenza, l’audacia di essere avanti più degli altri, ma quando c’è da tirare i conti la prudenza non è mai troppa… L’edizione 2013 di Affordable Art Fair Milano – il format fieristico internazionale dedicato all’arte contemporanea sotto i 5.000 euro, dunque quasi automaticamente mirato all’arte giovane, emergente, avanguardista e/o comunque non ancora (e non troppo) mainstream – mi è parso rispecchiare abbastanza fedelmente il senso di quell’adagio.
In effetti, come ho appena scritto, da una fiera del genere viene piuttosto facile immaginarsi di poter trovare, tra gli stand, artisti e lavori “non soliti”, per così dire, nuove proposte, idee originali ovvero sperimentali che proprio per via della novità e della non ancora rodata fruibilità pubblica godono di un prezzo di mercato accessibile. Tali peculiarità tuttavia, e inevitabilmente, comportano pure la possibilità che il collezionista e/o il potenziale acquirente in visita alla fiera, avendo qualche soldo da spendere ma non troppo, e non mirando volontariamente a proposte eccessivamente “alternative” (inutile dire che costruirsi una collezione, piccola o grande, di opere sperimentali è cosa parecchio coraggiosa e audace!), finisca spesso per puntare su lavori dotati di riferimenti già noti e riconosciuti, oppure su opere che, per le loro caratteristiche, possano ragionevolmente rappresentare un “investimento” – e non intendo ciò solo in senso meramente economico, ma anche dal primario punto di vista artistico. Ecco, mi è parso che, rispetto all’edizione 2012, questa AAF abbia presentato tra i suoi stand un’arte un po’ meno alternativa e dunque più facilmente vendibile, come se le gallerie presenti, pur avendo a disposizione un evento deputato per proprio DNA all’innovazione artistica, appunto, abbiano deciso di andare sul sicuro, di non spingere troppo sul pedale dell’originalità e della novità ovvero di consolidare certe proposte che un mercato già ce l’hanno o se lo stanno creando in attesa di un futuro più propizio per l’intraprendenza e l’esplorazione di ambiti artistici più “temerari”.
Inevitabile adattamento a questi tempi di crisi, e alla necessaria conseguenza di dover far cassa per non trasformare tali eventi in mere e pericolose perdite di denaro, oppure strategia di mercato dovuta anche ad una certa mancanza di proposte veramente interessante e innovative in circolazione? Parlando con alcuni amici galleristi, mi è in effetti stata segnalato un certo calo delle acquisizioni in fiera, a fronte di un comunque rimarcabile interesse dei visitatori verso gallerie e opere e un relativo buon giro di potenziali contatti fruttuosi, quindi verrebbe da chiedersi la prudenza piuttosto che l’audacia alla fine abbia rappresentato l’atteggiamento migliore… Ma, appunto, non si possono non considerare i tempi correnti, che purtroppo anche l’arte e il suo mercato stanno subendo con modalità simili ad altri settori (opere da milioni di euro che si vendono meglio che lavori a prezzi ben più popolari, il che mi fa pensare all’equazione “ricchi sempre più ricchi, poveri sempre più poveri” che tanti segnalano in merito a questa nostra assai tenebrosa era di crisi), e di contro è sempre piacevolissimo vedere la gran coda di visitatori all’ingresso della AAF, che resta senza ombra di dubbio uno degli eventi dedicati all’arte contemporanea migliori non solo sulla piazza milanese ma pure mondiale (visto che è un format esportato in tutto il mondo!): lo dimostra pure la notevole quantità di gallerie estere presenti (europee e asiatiche, mentre mancavano del tutto le americane) e ugualmente del pubblico non italiano circolante tra gli stand – cosa non così solita ed anzi drammaticamente latente in certe altre fiere nostrane che, dichiaratamente, vorrebbero vantare status internazionali che invece la realtà non dimostra tali.
Un evento comunque immancabile, insomma, che offre a collezionisti alle prime armi o in cerca di cose non mainstream parecchi lavori interessanti, e a tutti gli appassionati d’arte una più che buona cartina al tornasole sullo state dell’arte contemporanea underground o quasi (ovvero su quell’arte e quegli artisti che per motivi vari – spesso assolutamente discutibili – non trovano (ancora) spazio sulle più patinate riviste d’arte), sulla sua evoluzione e sulle imminenti e/o future potenzialità espressive. Prossimo appuntamento italiano: Roma, 18/20 Ottobre 2013 – ma cliccando sul logo di AAF qui sopra, potrete visitare il sito web e conoscere ogni altra cosa in merito. Per il main web site, invece, cliccate QUI.
P.S.: “Ah, però non hai fatto nessun nome di qualche artista meritevole di attenzione!” alcuni di voi ora potrebbero obiettarmi. Vero: non mi piace mai fare nomi, perché ogni volta si cita qualcuno, quasi matematicamente si ignorano altri forse anche più bravi ma che per qualsivoglia motivo o causa sono sfuggiti… Ma se proprio devo indicare qualcuno che mi ha particolarmente interessato – e, sia chiaro, è una scelta assolutamente personale che va al di là di giudizi e valutazioni critiche o di altro del genere – beh, vi dico lui. Perché? Per la capacità di trasformare in arte visuale un testo letterario, in un modo che, nonostante l’apparente semplicità dell’opera creata, mi pare più intenso ed efficace di quanto abbiano fatto altri. Ma certo, essendo io scrittore, probabilmente sono un po’ di parte…
potevi scrivere il mio nome anche se non c’ero…
Ma tu sei un artista già affermato! Infatti fanno anche le t-shirt delle tue opere, manco fossi Dalì! Guarda qui: http://www.facebook.com/media/set/?set=a.10200385478141919.2209615.1304420281&type=3
Comprane qualcuna! Sono belle! Io credo che almeno un’altra la prendo… 🙂
Eh! Quante cose avrei da dire su questa fiera! Ho visto tante cose che “nun se potevano vedè”, poi copie di copie di copie, ma fortunatamente c’era anche quanche cosa di interessante. Anche io sto cercando di capire ce è una svalutazione oppure voglia di far girare il proprio nome e farsi conoscere. Fatto sta che sono arrivate molte persone che compravano l’opera che piaceva, magari senza neanche parlare con l’artista, da mettere nel salotto o in cucina. Ecco, forse dopo un bel po’ di anni di frequentazioni artistiche non ho ancora capito bene come funziona questa parte.
Fatto sta che mi occupavo dei figli dei visitatori e, nei buchi, di chiachierare con gli artisti, perciò la parte commerciale l’ho lasciata ai compratori!… vediamo come andrà a Roma!
Buona settimana!
m.
Ciao Maga!
Ah, caspita! A saperlo, che c’eri anche tu, potevano fare due chiacchiere, tra un bambino e l’altro!
Hai ragione: molti compratori di arte acquistano le opere ancora e soltanto in base al mero gusto personale, senza nemmeno rendersi conto, alla fine, di cosa stiano portando a casa e di chi l’abbia creato – che è un po’ come comprare un libro solo perché ha una bella copertina, senza curarsi di quale storia contenga e di chi l’abbia scritta… E’ uno degli estremi, questo, del mercato dell’arte odierno; l’altro estremo è fissato invece dagli speculatori, quelli che acquistano arte come fossero azioni, da rivendere appena si intuisce che possa far guadagnare qualcosa… Entrambi li capisco assai poco, probabilmente perché ho ancora un’idea “romantica” dell’arte, dell’opera che ti deve “parlare” e alla quale tu devi rispondere, così instaurando quel legame di matrice culturale e pure sociale che dovrebbe essere uno degli scopi dell’arte stessa.
Per quella sensazione che anche tu hai avuto… Non so, forse questi tempi di crisi tarpano le ali alla creatività e, soprattutto, a chi la dovrebbe sostenere, e si cerca dunque di navigare a vista senza rischiare troppo (o non rischiando proprio nulla…)
Ma se vuoi dire altre cose sulla AAF, dille pure: sono curioso! 🙂