Sull’ordinanza altoatesina che da qualche giorno proibisce l’innevamento artificiale

Noto che sul web e sui social ha ricevuto parecchio risalto la notizia dell’ordinanza sul risparmio idrico a causa della siccità emessa dalla Provincia Autonoma di Bolzano la quale, tra le altre cose, proibisce qualsiasi tipo di «innevamento tecnico», ovvero la produzione di neve artificiale per le piste da sci. L’ordinanza è stata commentata in alcuni casi positivamente, come una presa di coscienza dell’ente provinciale altoatesino rispetto alla gravità dell’emergenza idrica in atto e contro le pretese dei gestori dei comprensori sciistici – nel sito di Mountain Wilderness Italia c’è un articolo che spiega bene la questione, firmato da Luigi Casanova.

A me invece, che invecchiando divento diffidente e acido, quello della provincia di Bolzano mi pare un ennesimo atto di mera sottomissione all’industria dello sci. Sì, perché l’ordinanza è stata emessa il 22 marzo scorso, ovvero quando ormai non ci sono più le condizioni climatiche, e nemmeno l’interesse economico, affinché nei comprensori sciistici si continui a produrre neve artificiale, quando di contro è da settimane che la situazione di grave carenza idrica viene rimarcata e denunciata, senza considerare il fatto che l’emergenza in corso non è che la continuazione di quella dello scorso anno, mai risolta viste la scarse precipitazioni autunnali e invernali. Un’ordinanza del genere avrebbe avuto ben diverso valore se emessa settimane fa, appunto, quando già era evidente che il deficit idrico fosse ingente e non recuperabile a breve e il risparmio di acqua sarebbe stato ben più significativo: ma si era ancora in inverno e c’era da imbiancare di neve artificiale le piste da sci, dunque promulgare un’ordinanza di gestione «parsimoniosa, sostenibile ed efficace» dell’acqua senza vietare l’innevamento artificiale sarebbe risultato un atto fin troppo ipocrita. Ora invece la cosa dà meno nell’occhio, probabilmente, ma per certi versi l’ipocrisia di fondo è anche maggiore; si può pensare che ciò sia giusto o sbagliato, che sia stato necessario dare priorità di salvaguardia al comparto turistico-sciistico più che a quello agricolo e che ciò sia legittimo e saggio oppure no ma, ribadisco, la sostanza della questione a mio modo di vedere non cambia. In pratica, si è deciso di chiudere il recinto quando ormai la maggior parte dei buoi sono già scappati e dentro ne restano molti meno di quelli originari.

Non credo che questa sia una condotta così virtuosa, in senso generale ovvero nella valutazione complessiva degli interessi e delle necessità dell’intero comparto economico locale – visto che non esiste solo il turismo, per nella sua importanza. Anzi, mi pare evidente che gli interessi di certi settori vengano ritenuti politicamente più salvaguardabili di altri ovvero dotato di maggiori diritti di altri: così mentre già prima agli agricoltori del fondovalle arrivava pochissima acqua (buona parte dei corsi d’acqua, con le relative derivazioni, sono a secco non da settimane ma da mesi) e ora ne avranno ancora meno da utilizzare, i comprensori sciistici sui monti hanno potuto utilizzare l’acqua a piacimento praticamente fino a fine stagione; e che il consumo idrico degli impianti di innevamento artificiale sia solo una piccola parte di quello generale o che si sia voluto avvantaggiare il comparto economico che a livello produce il PIL maggiore non cambia la questione, che è innanzi tutto di condotta amministrativa pubblica e di principio politico-economico; l’eventuale convenienza strategica semmai viene dopo. Ecco, da questo punto di vista io penso sia una questione piuttosto grave e per nulla virtuosa – parere personale, ripeto.

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