Nell’introdurre le mie impressioni di lettura di Mosca più balena, di Valeria Parrella, dicevo di quell’articolo letto tempo fa su una serie di scrittori italiani di ottima qualità e inversamente proporzionali vendite, a riprova della scarsa competenza (ovvero della esagerata duttilità commercial-consumistica) del lettore medio. Tra di essi vi era Valeria Parrella, mentre non c’era – giustificatamente in senso commerciale, forse, ma non del tutto – Aldo Busi, uno dei più grandi scrittori italiani viventi, capace senza dubbio di ottime vendite ma di popolarità ben più legata al personaggio in sé che ai suoi libri – che invece io mi sono letto nella quasi totalità, riconoscendo la sua grandezza letteraria già tempo addietro.
C’era invece, in quella lista virtuosa, Walter Siti. E non per caso ho voluto in qualche modo introdurre Siti attraverso una “elegia minima” di Aldo Busi: perché il primo è, per così dire, fervido discepolo narrativo del secondo nonché sodale (seppur siano della stessa generazione – ma Busi ha esordito nella narrativa 10 anni prima – e seppur non siano mancati attriti letterari tra i due), e lo si capisce bene da Troppi paradisi (Einaudi, 1a ed. 2006), romanzo ampio e articolato che in diversi aspetti mi ha ricordato certa produzione busiana – e non sto facendo riferimento solo ai temi trattati e al modo con cui Siti li ha narrati e sviluppati.
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