Libri da leggere ma non da scriverne (Stefano Bartezzaghi dixit #2)

Devo scrivere un articolo, sono preoccupato. E’ un libro di Francis Ponge, mi piace, ma mi piace in quel modo che non mi renderà agevole scriverne. Ho già capito, infatti, che ci sono libri che voglio solo leggere e magari sono i miei preferiti: a distanza di decenni potrò dire di non averne mai scritto o parlato, se non pochissimo. (…) Ogni articolo commissionato è una vasta incognita, anzi, una somma di incognite. Troverò anche questa volta un incipit? Una chiusa? Commetterò un errore che mi tradirà? Reggerà, il mio bluff, una volta di più? Mi aggiro per la città all’ombra di una minaccia di ignominia, che mi agita e protegge e di cui sono l’unico, ancorché infaticabile, alimentatore.

Stefano Bartezzaghi, M – Una metronovela (Einaudi, 2015, collana Frontiere, pag.105-106)

bartezzaghi-1280x628E’ vero che di certi libri la cui lettura risulta particolarmente significativa e colpente sarebbe meglio non scriverne, per chi invece lo deve fare a volte inevitabilmente. E’ un po’ come offendere quell’importanza particolare, come svilirla attraverso parole che gioco forza mai potranno del tutto riportare il valore di essa – il che genera le paturnie rimarcate da Bartezzaghi, poi. Paturnie peraltro importanti delle quali chi scrive dovrebbe comunque almeno un poco soffrire, per garantire ai lettori l’offerta di testi che siano interessanti ovvero, per quanto possibile, mai insignificanti. Cosa mai semplice, appunto – e si vede, leggendo in giro.

P.S.: chi è quel Francis Ponge? Qui.

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