Letteratura e fotografia: un legame (non sempre idilliaco) che dura da più di 150 anni, “fotografato” in un saggio di Diego Mormorio

cop_scrittori-e-fotografiaVoglio segnalarvi un libro molto interessante, uscito da qualche mese ma i cui contenuti sono destinati a rimanere di valore al di là della data di pubblicazione – come sempre accade per ogni buon libro, d’altronde.
Scrittori e fotografia, di Diego Mormorio per le Edizioni Postcart, risulta interessante, come dicevo, non solo per quelli che, come me, sono affascinati tanto dalla letteratura quanto dalla fotografia – nella convinzione profonda che le due arti rappresentino per molti versi l’espressione narrativa più alta e più intensa che l’uomo abbia a disposizione, e che per questo abbiano in comune, nel proprio spirito più intimo, molte peculiarità – ma anche per chi si occupi, per mero diletto ovvero per attività professionale, solo dell’una o dell’altra arte, dacché troverà in esso parecchie sorprendenti rivelazioni, in ogni senso. E pure interessante, aggiungo, lo è per chi non sia direttamente interessato alle due arti, ma voglia approfondire l’evoluzione culturale e intellettuale della nostra società occidentale in un modo senza dubbio alternativo e, per questo, illuminante più di altri. Tanto più che il libro “fotografa” – è il caso di dirlo – i primi trent’anni di convivenza tra fotografia e letteratura, dal 1840 al 1870, dunque il principio di tale rapporto, il momento nel quale esso si è formato e plasmato nelle forme che tutt’oggi possiamo constatare.
Leggo nella presentazione dell’opera:

Honoré de Balzac credeva negli spettri fotografici e Nathaniel Hawthorne nella forza rivelativa del ritratto. Gustave Flaubert, invece, non vedendovi il segno artistico, non voleva il fotoritratto dell’amante. La fotografia venne accolta dagli scrittori in diverse maniere. Théophile Gautier l’amò. Oliver Wendell Holmes ne fu entusiasta. John Ruskin l’amò e poi la odiò. Mark Twain prima la odiò e poi l’amò. Baudelaire la odiò soltanto. Ad Alexandre Dumas interessavano soprattutto le fotografesse, a Edgar Allan Poe le bellezze “miracolose”. Victor Hugo, mettendosi davanti alla macchina fotografica, cercò dentro di sé, e anticipò di decine d’anni quella che è stata la pratica del cosiddetto autoritratto concettuale.
Mormorio ci racconta i primi trent’anni della fotografia, restituendoci alcune delle più belle pagine del complesso rapporto che gli scrittori e i poeti hanno avuto con l’arte fotografica.

Un saggio alquanto intrigante e altrettanto consigliabile, insomma, anche per la presenza di un’antologia di brani di Edgar Allan Poe, Charles Baudelaire, Honoré de Balzac, Ralph Waldo Emerson, Gustave Flaubert, Victor Hugo, Mark Twain e molti altri autori immortali.
Cliccate sull’immagine della copertina del libro per saperne di più, oppure QUI, per leggere – sempre dal sito di Postcart – alcune recensioni.