Progettare un futuro equo richiede il contrasto degli interessi dei potenti e la redistribuzione le risorse, togliendole a coloro che hanno beneficiato del sistema per generazioni; il perseguimento di un modello di crescita economica guidata dal turismo è, al contrario, il percorso di minore resistenza e permette ai potenti di mantenere i propri privilegi. Infatti la pianificazione del turismo tende a rafforzare proprio queste disuguaglianze.
[Sarah Gainsforth, Oltre il turismo, Eris Edizioni, 2020, pagg.60-61.]
In questo passaggio del suo bel libro, del quale vi dirò presto, Gainsforth cita Samuel Stein, geografo e urbanista americano autore di alcuni ottimi libri sui temi della pianificazione territoriale (come Capital City: Gentrification and the Real Estate State, purtroppo non tradotto e pubblicato in Italia ma che ad esempio a Milano dovrebbero leggere tutti) e, attraverso le sue parole spiega bene perché da un lato la politica sostenga e investa molto sul turismo e, dall’altro, perché non sia affatto una risorsa tanto fondamentale come molti luoghi comuni sostengono ma, anzi, se gestito male o non gestito affatto (ciò che generalmente accade in Italia) finisce per provocare disequilibri e danni economici e sociali ai territori che ne sono oggetto.
Questo, ovviamente, non significa che il turismo non rappresenti un’economia estremamente importante per un adeguato sviluppo territoriale: lo è ma, come tutte le cose, è tale se viene integrata armonicamente nel tessuto socioeconomico locale e, appunto, gestito con adeguate competenze e avveduto buon senso. Altrimenti è un maglio che può rapidamente distruggere luoghi e comunità prima che queste se ne rendano conto – anche di esserne complici: e di casi al riguardo ormai ce ne sono molti.
