
Tuttavia, se da un lato quanto illustrato non è sufficiente, dall’altro nasconde un potenziale rischio: non basta ascoltare pur attentamente le comunità di montagna, ma di contro non è corretto assecondarne qualsiasi richiesta, per ragioni di facile consenso più o meno ampio o per altre ragioni similari. In verità manca un elemento fondamentale, che di frequente la politica non sa offrire e la società civile non sempre possiede: le competenze, atte a far che qualsiasi decisione presa attraverso l’interlocuzione dei due soggetti principali, il pubblico e il privato possa risultare logica e realmente utile. Ci vuole, in pratica, la presenza di un soggetto tecnico o scientifico (indipendente) nel dialogo: il soggetto politico interloquisce con la comunità civile, ne recepisce bisogni e necessità, le passa al soggetto tecnico competente a ricavarne un progetto sensato che così può essere approvato dalla comunità e deliberato dall’ente politico.
Questo processo, di per sé ovvio e “normale”, è invece assai raro da constatare. Se la politica si serve di un soggetto tecnico, è perché lo ha già posto al suo “servizio”; se la comunità è sostenuta da un proprio soggetto tecnico, questo facilmente resterà inascoltato dalla politica e, in ogni caso, quasi mai la presenza di un tale soggetto dotato di competenze specifiche – per intenderci: università, enti di ricerca, soggetti dell’ambito culturali, esperti e specialisti, eccetera – riesce ad avere peso progettuale e decisionale nelle dinamiche di gestione territoriale locale. E questa è una carenza che ritengo molto grave, causa di molte situazioni problematiche e perniciose per le nostre montagne e le loro comunità.

Da un processo del genere tutti hanno da guadagnare: la comunità civile perché sa di poter essere veramente ascoltata e di poter incidere nelle decisioni che interessano la propria realtà, la politica perché sa di poter assumere decisioni ben meditate e ampiamente condivise che le danno lustro (anche elettoralmente), il soggetto tecnico perché può mettere a terra le proprie competenze attraverso progettualità adeguatamente supportate sia dalla politica che dalla parte pubblica contribuendo fattivamente allo sviluppo vero del territorio in questione.
Infine, posto tutto ciò, rimarco solo che nel nostro paese di soggetti tecnico/scientifici in grado i offrire elevate competenze alle comunità di montagna e alle amministrazioni pubbliche di riferimento ve ne sono molti. Spesso questi soggetti vengono interpellati, dagli enti pubblici: ma per produrre delle consulenze – corpose, articolate, solitamente pagate da bandi altrettanto pubblici – che poi quegli enti presentano come una propria iniziativa virtuosa ma che, una volta usciti gli articoli al riguardo sulla stampa, vengono messe rapidamente da parte e dimenticate su qualche scaffale polveroso.
Sarebbe un’ottima cosa se invece quelle loro ottime competenze venissero pienamente riconosciute – dalla politica, innanzi tutto – e integrate quale supporto concreto e fattivo nelle iniziative progettuali e nei processi decisionali riguardanti i nostri territori montani. Ribadisco: ne avrebbero – ne avremmo – tutti da guadagnare, la montagna innanzi tutto.