Enrico Camanni, “La Montagna Sacra” (Laterza)

Cosa possiamo e dobbiamo intendere oggi con il termine «sacro»? Fino a qualche tempo fa era quasi impossibile trovare un contesto nel quale la sua accezione non fosse quella classicamente religiosa, dunque correlata alla presenza del “divino” in senso fideistico. Oggi invece la realtà è pressoché ribaltata e seppur la parola «sacro/sacra» rimanda ancora, di primo acchito, all’accezione religiosa, la secolarizzazione della società e il multiculturalismo che la caratterizza – piaccia o meno – rende evaporante il portato dell’accezione, non solo dal punto di vista lessicale, e ne impone una rilettura contemporanea che consideri l’etimo originaria (la quale indica in genere ciò che è connesso all’esperienza di una realtà totalmente diversa, rispetto alla quale l’uomo si sente radicalmente inferiore, dunque il “divino”  ma non solo) contestualizzandola alla realtà presente e in divenire. Senza poi contare le accezioni di «sacro/sacra» che di affine al sentimento religioso hanno solo la suggestione lessicale: basti pensare alle comuni espressioni «la proprietà è sacra» (con il significato di “inviolabile”), «una promessa è sacra» (con il significato di “ineludibile”) oppure alla definizione di «osso sacro» (dal tardo latino os sacrum, che significa «osso grosso»).

Dunque, posto tutto ciò, al giorno d’oggi è possibile considerare “sacra” la natura in un senso consono alla realtà e al pensiero contemporaneo? Può una montagna essere denominata “sacra” come accade in altre culture ma, appunto, conferendo al termine un’accezione compiutamente laica? E cosa può voler dire questo oggi, quale portato concreto si genera nella percezione e per la considerazione culturale della nostra società riguardo i territori e gli ambienti naturali?

Sono alcune delle domande, queste, per le cui risposte e per la riflessione approfondita sui temi correlati e sopra accennati Enrico Camanni, prestigioso scrittore, giornalista, alpinista, ha pubblicato La Montagna Sacra (Laterza, 2024), libro nel quale l’autore piemontese torna 22 anni dopo La nuova vita delle Alpi, altro suo testo di grande valore riconosciuto, a esplorare lo stato ambientale delle montagne e in particolar modo della più amata, abitata e sfruttata catena montuosa della Terra – ovviamente le Alpi.

La Montagna Sacra ha ai suoi vertici, ovvero tra le prime e le ultime pagine, il racconto dell’idea a cui rimanda il titolo stesso del libro: quella del progetto “Monveso di Forzo – Montagna Sacra”, con il quale un gruppo di autorevoli figure del mondo della cultura di montagna, dell’ambiente, dell’ambito accademico e scientifico ha proposto di definire “sacra” una vetta nel Parco Nazionale del Gran Paradiso, il Monveso di Forzo – tra la Valle Soana e la Valle di Cogne, dunque tra Piemonte e Valle d’Aosta – invitando chi aderisca al progetto a non salirlo, a mantenerlo inviolato, quale atto simbolico e per certi versi provocatorio ma potente e chiaro che faccia riflettere sulla necessità ineludibile, nel mondo attuale, di fermare l’eccessiva invasività della presenza dell’uomo negli spazi naturali, soprattutto in quelli ancora sostanzialmente intatti, e di riaffermare il senso del limite in una società che invece troppo spesso agisce in preda al no limits, come se la natura e gli spazi a disposizione fossero infiniti e le opere antropiche non provocassero mutamenti sovente insostenibili in essi, soprattutto a danno degli ecosistemi e della biodiversità oltre che del paesaggio e del suo valore sociale e culturale.

Camanni, da profondo e mirabile saggista qual è, capace come pochi di costruire significati culturali esplicati in narrazioni tanto articolate quanto chiare, accompagna e guida il lettore in un viaggio attraverso tutte le declinazioni del “sacro” che sono state in vari modi (ovvero nel bene e nel male) applicate alle montagne, accennando alle “montagne sacre” propriamente dette di tante culture sparse per il pianeta, inclusa la nostra con i suoi “sacri monti”, e poi esplorando in una lunga e completa disamina i tanti (troppi) casi in cui la “sacralità” naturalistica e ambientale delle montagne alpine è stata ed è violata da progetti, iniziative, opere e visioni che – appunto – ne dissacrano tanto la bellezza paesaggistica quanto l’equilibrio naturale, invadendo spazi ambientali senza porsi alcun limite di (in)sostenibilità e di mancanza di rispetto nei confronti del valore culturale del paesaggio montano. Al riguardo in questo periodo il pensiero corre rapido alle opere per i Giochi Olimpici di Milano-Cortina 2026, imposti alle località montane sedi delle gare attraverso modalità drammaticamente insostenibili e impattanti (la nuova pista di bob di Cortina ne è l’esempio per eccellenza), ciò nonostante meno di vent’anni fa, per le Olimpiadi di Torino 2006, si sono perpetrati autentici scempi alle montagne piemontesi le cui rovine evidentemente non hanno insegnato nulla ai responsabili dei giochi milano-cortinesi.

Il tutto, quasi sempre, per inseguire interessi e tornaconti che appaiono completamente antitetici alla realtà delle terre alte e al loro più consono sviluppo – una drammatizzazione estrema del contrasto (paradossale) tra economia e ecologia, termini in origine “sodali” – e senza considerazione alcuna della realtà climatica e ambientale in divenire che, oltre alla mutazione del clima (e per certi aspetti in forza di esso), presenta alla civiltà umana problematiche e criticità tremendamente gravi eppure poco o nulla comprese, nonostante gli allarmi che da mezzo secolo la comunità scientifica esprime. Basti pensare alle migliaia di specie viventi che nell’incontro/scontro con la razza umana – cioè fin da quando l’uomo s’è fatto Sapiens e ha cominciato a conquistare il pianeta in ogni suo recesso – hanno perso il confronto e sono scomparse, in percentuali elevatissime soprattutto tra quelle di grandi dimensioni e insulari.

La disamina di Camanni su questi temi, come già accennato, è lucidissima, articolata, chiara, illuminante e per ciò affilata e inequivocabile. Troppi limiti sono stati superati, nella nostra relazione con la natura e le montagne, in forza di un istinto all’invasività che appare irrefrenabile e di contro inconciliabile col nostro essere (e proclamarci, e crederci) “civiltà evoluta” nel ventunesimo secolo. L’antropocentrismo esasperato ha inevitabilmente cagionato l’Antropocene il quale, tuttavia, non rappresenta tanto l’ambito del dominio definitivo dell’uomo sul mondo ma appare più come la gabbia nella quale egli si è rinchiuso, accecato dalla propria supponenza al punto da non vederne le sbarre, e dove rischia di restare incastrato per sempre, schiavo e poi vittima della propria stessa dominanza. Urge ritrovare la giusta strada per ritrovare il senso del limite che abbiamo perso e riequilibrare la nostra presenza nel mondo e con il mondo, cioè con tutte le altre creature che lo abitano la cui presenza, d’altro canto, permette la nostra: è una necessità inderogabile che solo un pericoloso pazzo potrebbe mettere in discussione. A tal proposito, dunque, leggendo le considerazioni di Camanni viene da chiedersi: quella “giusta strada” può iniziare in forma di sentiero montano lungo il quale ad un tratto fermarsi, senza andare oltre un certo limite per proseguire quindi altrove con sulle spalle uno zaino non più pieno di invadenza, prepotenza e volontà di prevaricante dominio ma di discrezione, moderazione, gentilezza e autentica umanità verso ogni cosa che compone la casa comune che è il nostro pianeta?

La Montagna Sacra è un libro intenso, affascinante, illuminante, irrinunciabile, lo ribadisco, così come rimarco di nuovo le doti mirabili di Enrico Camanni nell’affrontare e dissertare su temi così fondamentali per le montagne e non solo per quelle. Un libro da leggere assolutamente, con l’annesso invito di approfondire la conoscenza del progetto “Monveso di Forzo – Montagna Sacra” e delle sue finalità: sono sicuro che a entrambi assicurerete il vostro più ampio apprezzamento e un consenso obiettivamente ineludibile.