Una legge che condanna le montagne italiane alla mediocrità

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Di recente è stata approvata dal Parlamento la cosiddetta “Legge sulla Montagna” «per il riconoscimento e la promozione delle zone montane».

Mi pare sia una solita legge all’italiana: a fronte di alcune cose buone, il testo presenta mancanze, dimenticanze, palesa una scarsa conoscenza della realtà montana nazionale e manifesta verso di essa ben poca sensibilità. Difetti che, nel complesso, rischiano di rendere inefficaci anche i «passi avanti» proposti.

Al riguardo mi trovo molto d’accordo con il comunicato che la Cipra Italia – delegazione italiana della Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi – ha emesso, che riporta le considerazioni sulla legge di Vanda Bonardo, presidente di Cipra Italia; lo vedete lì sopra (cliccatelo per scaricarlo in pdf). Soprattutto concordo su quanto rimarcato circa la sostanziale mancanza di una chiara visione sull’assetto istituzionale dei comuni montani: è la solita e ormai cronica mancanza di rappresentatività politica delle montagne e delle loro comunità, che evidentemente continuano a essere considerate dalle istituzioni come territori e cittadinanze di secondaria importanza, non meritevoli di una strategia di sviluppo strutturata e realmente efficace nonché ritenute incapaci di gestire la governance delle proprie montagne.

Tutto molto significativo, emblematico e d’altro canto per nulla nuovo, ribadisco.

Alla politica italiana, che governa le istituzioni pubbliche, delle montagne non interessa granché, e tanti dei problemi che oggi affliggono le comunità di montagna nascono proprio da questa trascuratezza di ormai lungo corso. Ne siano consapevoli, quelle comunità e, per quanto possibile, agiscano di conseguenza.