P.S.: (Pre Scriptum): lo sostengo da tempo e lo ribadisco, qui: personalmente, in tutta sincerità, 9 presunti “poeti” su 10 (sono magnanimo… Vorrei dire 99 su 100!) io li manderei a lavorare in miniera e nei livelli più profondi, in modo che non scrivano più quelle cose che poi hanno il coraggio di spacciare per “poesia”. Affermai ciò anche qualche tempo fa, qui nel blog, in un post tanto ironico nella forma quanto assolutamente serio nella sostanza.
Posto che – non sono certo io a stabilirlo, qui e ora – la poesia è la forma d’arte letteraria più alta e nobile mai generata dall’uomo, veramente troppa gente s’è creduta capace di scrivere versi poetici improvvisandosi, appunto “poeta”, palesandosi invece come totalmente all’oscuro di cosa sia veramente la poesia, del suo senso artistico, letterario, antropologico, della sua struttura e della tecnica necessaria, della sua storia passata e presente. Di tutto, in buona sostanza, scrivendo così inevitabilmente “versi” rispetto ai quali pure un biglietto con le cose da comprare nel negozio sotto casa risulterebbe più poetico.
Quanto meno, prima di proporre pubblicamente ciò che si è scritto – e magari pretenderne pure una produzione editoriale – tutta ‘sta massa di poeti dovrebbe profondamente e intensamente studiare la materia poetica, dall’era classica fino a quella contemporanea, in modo da capire se quanto scritto possa almeno sostenere un qualche confronto con ciò che è già stato fatto oppure no. A meno che quei suddetti presunti poeti non ritengano di essere tali per genesi divina, e/o indubitabilmente pregni d’un afflato poetico che nemmeno Dante o Leopardi o chi altro di considerabilmente grande… A meno che non siano dei gran presuntuosi, in buona sostanza. Cosa che temo parecchio, ahinoi, dacché in tali condizioni coloro che si proclamano difensori del verso poetico in realtà finiranno per ucciderlo definitivamente. Se non l’hanno già fatto…
La recensione qui sotto tratta di un ottimo testo che chiunque si prefigga di trattare la materia poetica dovrebbe leggere, ad esempio. Ma è inutile dire che di simili libri ottimi e necessari ce ne sono certamente altri, in libreria – magari su quegli scaffali nascosti e pieni di polvere negli angoli più bui, visto che ormai la poesia è relegata in tali anfratti, non certo in bella vista…
Il frequente personale lavoro su alcuni progetti già editi o in progress di poesia sperimentale/ avanguardista (errato accostare i due termini, ma lo faccio qui solo per una immediata e pur superficiale comprensione) mi ha “imposto” il gradito dovere di leggere uno dei testi fondamentali sulla produzione poetica italiana di ricerca del Novecento, La Poesia Italiana d’Avanguardia di Fausto Curi, editato nel 2001 da Liguori Editore: un testo certamente “tecnico” e specifico, del quale tuttavia voglio scrivere appunto per l’importanza che riveste nella saggistica di settore e per l’interesse dell’appassionato di poesia e di letteratura in generale, anche solo per chi ne voglia approfondire certa parte di storia, di tecnica, di senso. Fausto Curi, professore di letteratura italiana moderna e contemporanea nella Facoltà di Lettere dell’Università di Bologna, è sicuramente uno dei maggiori conoscitori della letteratura italiana novecentesca, soprattutto sul lato poetico, e testimoniano ciò i tanti testi pubblicati al proposito; trattare di avanguardie, e farlo compiutamente, non è mai semplice, posta la fondante anarchia che quasi sempre le caratterizza in ogni loro aspetto, e in questo suo La Poesia Italiana d’Avanguardia Curi cerca di tracciare per la prima volta una rotta da seguire attraverso l’avanguardia poetica italiana…
Leggete la recensione completa de La poesia italiana d’avanguardia cliccando sulla copertina del libro lì sopra, oppure visitate la pagina del blog dedicata alle recensioni librarie. Buona lettura!