Venti milioni di Euro per una telecabina a 800 metri di quota e altre “pubbliche acrobazie” per lo sci in Piemonte

[Qui sopra e nell’immagine sottostante un rendering della nuova telecabina Scopello-Mera. Tratte da www.valsesianotizie.it.]
Pur a fronte degli ormai innumerevoli report elaborati da diversi soggetti – scientifici, climatologici, economici, la platea è appunto assai ampia – che rimarcano l’ormai imminente fine della pratica sciistica al di sotto di certe quote – 1800/2000 metri, per le nostre montagne – l’industria dello sci pretende di continuare a svilupparsi, sostenuta dalla gran parte della politica locale. E se dalla prima ci si può aspettare una condotta del genere, dalla seconda assolutamente no, visto che di mezzo ci sono quasi sempre un sacco di soldi pubblici spesi per infrastrutture sciistiche destinate, vista la realtà dei fatti, a un inesorabile fallimento. Soldi sprecati ovvero sottratti a iniziative ben più utili e vantaggiose ai territori coinvolti e alle loro comunità, le quali sovente si ritrovano seggiovie nuove di zecca ferme per mncanza di neve e, ad esempio, fermate del trasporto pubblico soppresse per carenza di fondi.

Sia che i decisori politici si comportino così per mero menefreghismo ideologico nei riguardi della situazione climatica e dei dati scientifici che la assodano, o per effettiva incapacità di elaborare visioni di sviluppo territoriale, turistico e non, più razionali e consone ai luoghi amministrati, oppure per alimentare le proprie “consorterie” locali al fine di assicurarsene i favori elettorali, nel concreto la questione non cambia: da una parte c’è una politica alienata dalla realtà delle cose, dall’altra soldi pubblici spesi male senza che non portano alcun vantaggio concreto alle comunità. E nel mezzo la montagna deperisce sempre di più, privata di peculiarità, potenzialità, possibilità. Di futuro, in pratica.

Nelle ultime settimane anche la Regione Piemonte sembra voler partecipare con grande impegno alla gara per chi sulle Alpi italiane spenda peggio i soldi pubblici in montagna.

Ad esempio all’Alpe di Mera, in Valsesia, si vogliono spendere più di 20 milioni di Euro, tutti pubblici, per costruire una telecabina definita dalla stampa locale «faraonica» che partendo da Scopello, a soli 800 metri di quota, servirà un piccolo comprensorio sciistico che arriva al massimo a 1700 metri, dunque a un’altitudine che già oggi non garantisce più l’attività sciistica in modo economicamente sostenibile; tutto ciò con il grande comprensorio del Monterosa Ski a pochi chilometri. Un progetto talmente mastodontico rispetto al territorio coinvolto e alle sue caratteristiche da non sembrare giustificabile in nessun modo.

[Lo skilift di Pian Benot sopra Usseglio. Immagine tratta da www.giornalelavoce.it.]
A Usseglio invece, in Valle di Viù, le proporzioni economiche sono minori ma la sostanza è simile: 1,2 milioni di Euro finanziati dalla Regione Piemonte su un totale di 1 milione e mezzo per una nuova sciovia nel piccolo comprensorio di Pian Benot, in difficoltà da anni per motivi ben immaginabili. «In un periodo in cui gli inverni si accorciano e le temperature continuano a salire, scegliere di investire in una struttura sciistica è un gesto di resistenza e fiducia nel futuro» sostengono i promotori del progetto. Be’, a dire il vero sembra un po’ come sostenere che sia «un gesto di resistenza e fiducia» ridipingere lo scafo di una nave che sta affondando inesorabilmente!

[Un eloquente articolo del quotidiano on line “La Sentinella del Canavese” sulla situazione dell’Alpe Cialma.]
Tutto questo accade nonostante vi siano casi recenti che attestano chiaramente la realtà di quanto rimarcato all’inizio di questo articolo, cioè l’impossibilità ormai imminente di continuare l’attività sciistica, in certi contesti di media-bassa montagna, e di ritenerla economicamente sostenibile. Emblematico al riguardo è il caso dell’Alpe Cialma, sopra Locana in Valle Orco, località sciistica già da tempo in difficoltà, dove nel 2022 si sono spesi due milioni di Euro per una nuova seggiovia a 1400 metri di quota nonostante le considerazioni contrarie di molti soggetti. Un progetto che già l’anno successivo la stampa locale dava per fallimentare, come potete constatare dall’articolo qui sopra pubblicato, e che negli anni successivi ha consentito poche aperture proprio per la carenza di neve e di condizioni climatiche adatte allo sci in loco.

Insomma: la realtà al riguardo in Piemonte è parecchio imbarazzante e inquietante. Ovviamente è inutile rimarcare che si potrebbero fare altri esempi e citare ulteriori casi di simile sostanza, e poi moltiplicarli per le varie regioni italiane dotate di montagne e di comprensori sciistici più o meno in salute – o più o meno morenti, per dirla specularmente.

Posto che qui non si vuole criticare tout court l’intero sci su pista ma certamente quello che, come visto, appare ormai sotto ogni punto di vista insostenibile, ribadisco i dubbi e le conseguenti domande che sorgono, considerando la situazione sopra descritta: come può accadere tutto questo? Come si può giustificare un atteggiamento così insensato da parte della politica locale? È menefreghismo, incompetenza, insensibilità, affarismo, o che altro?

In ogni caso tutto ciò mette in evidenza l’importanza fondamentale dell’attivismo civico da parte tanto degli abitanti dei territori montani quanto di ogni frequentatore autenticamente appassionato ovvero di chiunque abbia a cuore il futuro delle nostre montagne. Consapevolezza, sorveglianza, sensibilizzazione, denuncia e ogni altra iniziativa di cittadinanza attiva è basilare per garantire un buon futuro alle nostre montagne, almeno fino a che certa politica non rinsavirà rispetto alle azioni così poco sensibili e sensate messe così ingiustificatamente in atto.