P.S. (Pre Scriptum!): il seguente è un racconto al momento ancora inedito che tuttavia farà presto parte di una raccolta mooooolto particolare (a cominciare dalla brevità dei testi contenuti, come noterete), di prossima pubblicazione editoriale. Seguite il blog e/o il sito e a breve potrete saperne di più…
Vi fu un tempo in cui un forestiero venne ad abitare nelle grotte poste sul monte più alto della zona, in totale solitudine e vivendo di quel poco che la brulla terra di lassù poteva offrirgli.
La gente del villaggio, notoriamente diffidente, vinse in poco tempo la circospezione nei confronti dell’uomo: doveva essere un asceta, si prese a dire, probabilmente isolatosi lassù per ragioni spirituali, mistiche. Qualcuno salì sul monte per incontrarlo e con chiunque l’uomo mostrava grande gentilezza e cordialità, ma non sfuggì, a chi vi conferì, il suo sguardo perennemente triste.
Di lì a breve si sparse la voce che il romitaggio dell’uomo era dovuto a una grande delusione d’amore, a una donna che egli amava ma dalla quale venne rifiutato. Per questo aveva lasciato ogni suo avere ed era giunto sul monte, isolandosi dal mondo. Nel frattempo, tuttavia, il riguardo che la gente del villaggio portava all’uomo aumentava sempre più, insieme alla convinzione circa la sua nobiltà d’animo, la sua spiritualità e la sua venerabilità. Sempre più persone salivano sul monte per incontrarlo e chiedergli parole di saggezza, di buonsenso, e addirittura qualcuno supponeva che egli avesse doti taumaturgiche. Al villaggio ormai era conosciuto come “il santo triste”. Perché tale restava: aveva buone e illuminate parole per chiunque, e una costante, profonda tristezza negli occhi.
Poi, un giorno, una donna straniera giunse al villaggio. Chiese la via per salire sul monte, e vi si incamminò di gran lena. Era ancora piuttosto giovane e molto bella; qualcuno ipotizzò che fosse la donna di cui era innamorato il sant’uomo, e tale supposizione mutò in certezza di lì a breve. Per sei giorni e sei notti l’eremita e la donna copularono dissolutamente e famelicamente, e il loro sesso era in certi frangenti così sfrenato che le urla di piacere della donna potevano essere udite fin presso le case più a monte del villaggio, i cui abitanti restarono turbati e sconcertati al punto che le prime parole di esecrazione non tardarono a essere proferite.
Sette giorni dopo, la gente vide l’uomo e la donna scendere dal monte e attraversare il villaggio verso le campagne. Sul volto di entrambi, ma in particolare su quello dell’uomo, vi era disegnata un’espressione che più felice non poteva essere. Da dietro le imposte e le tende delle case la gente li osservava nauseata, e nel silenzio della via non si faticò a udire epiteti come “maiale”, “puttana”, “peccatori blasfemi” e altro del genere. Ma probabilmente la coppia, tutta presa dalla propria felicità, nemmeno li sentì.