Sul disinteresse di molte amministrazioni pubbliche per il patrimonio storico-culturale vernacolare dei propri territori

Quella che vedete nella foto qui sopra è la nuova pista agro-silvo-pastorale che da Lecco, precisamente dal rione di Germanedo, sale nei boschi verso la località Campo de’ Boi: un’opera a tutt’oggi in realizzazione, deliberata dagli organi comunali tecnici e amministrativi competenti e da tempo contestata da molte parti, non solo dell’ambito ambientalista. La foto è di Maura Galli che ne scrive su Facebook qui, con altre significative immagini.

Ora qui non entro nel merito delle polemiche, anche se una precisa opinione al riguardo me la sto elaborando. Tuttavia l’immagine che vedete è del tutto eloquente nel dimostrare (per l’ennesima volta) che la nuova pista in costruzione sta distruggendo la secolare mulattiera selciata che saliva dalla città verso i nuclei abitati sulle pendici del Resegone, una delle aree rurali premontane più vicine al centro di Lecco e dunque storicamente fruite da allevatori, agricoltori e boscaioli fin dal Medioevo.

Trovo semplicemente sconcertante e irritante il frequente, palese disinteresse di molte amministrazioni pubbliche per questi elementi identitari fondamentali dei propri territori, vere e proprie scritture antropiche di valenza assoluta impresse nel paesaggio le quali testimoniano la storia delle genti che hanno vissuto e trasformato quel territorio e rappresentano le “narrazioni” che hanno anticipato e formalmente giustificano la contemporaneità e il presente degli abitanti di oggi.

Quelle mulattiere, come le opere storiche similari, non sono solo capolavori ingegneristici vernacolari di manifattura eccelsa, al punto da resistere spesso benissimo al passare del tempo e alle intemperie, ma rappresentano visivamente l’anima del territorio, della sua gente, manifestandone l’identità culturale attraverso un racconto di matrice antropologica, artistica e umanistica ancor più che architettonica. Sono opere che andrebbero giuridicamente tutelate esattamente come certi monumenti o manufatti storico-artistici in forza della loro importanza e delle molteplici valenze referenziali per i rispettivi luoghi: invece troppo spesso tutto ciò viene ignorato (consapevolmente o per mera ignoranza) innanzi tutto proprio dalle amministrazioni pubbliche che dovrebbero salvaguardarle e che invece deliberano tranquillamente la loro distruzione. Cioè il conseguente impoverimento culturale e identitario del luogo che amministrano – altra cosa di cui spesso proclamano e vantano la tutela, vanamente.

Inutile aggiungere che di casi simili a quello di cui vi sto scrivendo se ne possono purtroppo riscontrare a centinaia nei territori storicamente antropizzati delle montagne italiane (e non solo lì, ma su monti la cosa diventa particolarmente grave): credo che chiunque stia leggendo ne possa citare qualcuno nella propria zona.

[La stessa cosa accaduta a Lecco è stata perpetrata in Val Poschiavina (Valmalenco): la nuova pista di recente realizzazione ha distrutto in vari tratti la storica mulattiera lastricata che da secoli serviva l’alpeggio.]
Al netto dell’utilità o meno della nuova pista sui monti sopra Lecco e della sua sostenibilità ambientale, personalmente condotte amministrative di questo genere le trovo inaccettabili e parimenti trovo necessario, se non inevitabile, che la responsabilità di tali disastri debba in qualche modo ricadere su chi li abbia così scriteriatamente deliberati. Nel caso che li abbia deliberati ma poi gli stessi siano stati realizzati in maniera differente, è comunque dovere dell’istituzione autorizzante verificare la correttezza o sanzionarne la divergenza, tanto più in presenza di emergenze di grande valore culturale per il territorio, altrimenti è puro e semplice concorso di colpa.

Purtroppo l’Italia è un paese che ha messo nella propria Costituzione, all’articolo 9, la salvaguardia del proprio paesaggio e la tutela del patrimonio storico e artistico della Nazione, ma poi a livello amministrativo se ne disinteressa altamente trovando tutti i modi per agire in senso opposto: dunque quella responsabilità, se non a livello giuridico (possibilità che da tempo io auspico), deve quanto meno essere imputata a livello politico e morale. Perché certe cose non possono e non devono più accadere, se veramente teniamo ai luoghi in cui viviamo, alla loro salvaguardia e alla nostra cultura. Altrimenti da una situazione del genere non ne usciremo più e da qui al prossimo futuro perderemo ogni strumento – giuridico, politico e culturale – per poter fermare qualsiasi scempio. Sarebbe un’evenienza degna di una cricca di barbari, non certo di una società civile progredita come pensiamo di essere.

4 pensieri riguardo “Sul disinteresse di molte amministrazioni pubbliche per il patrimonio storico-culturale vernacolare dei propri territori”

  1. bravo Luca

    è così sconcertante e sconfortante al contempo vedere queste situazioni

    A volte penso che non ci sia soluzione a questi scempi e che le persone come Lei che stimo per quanto fanno siano purtroppo dei Don Chisciotte che lottano contro i mulini a vento dei nostri insani amministratori.

    Un caro saluto e uno sprone a continuare cosi

    Giulio

    1. Grazie Giulio! ha ragione, ha volte lo sconforto monta potente: ma continuo a pensare che sia meglio essere (e magari dimostrarsi) dei Don Chisciotte che lottano contro i mulini a vento, ingenuamente ma onestamente e con passione autentica, piuttosto di far finta di nulla e così dimostrandosi complici di tali situazioni e di chi le propugna.
      Ricambio il caro saluto e, come sempre, grazie di cuore per seguire così assiduamente il blog e per i commenti sempre interessanti e preziosi.

  2. Buonasera Luca,

    la visione di certe immagini mi fa mancare il terreno sotto i piedi per lo sconforto e il senso di impotenza per la devastazione del patrimonio ambientale e di quello storico-culturale, che invece andrebbero prima di tutto tutelati e poi valorizzati in un modo certamente differente.

    Ho provato le stesse sensazioni quando a Carenno la realizzazione della strada forestale da Caversano verso l’ex convento del Pertus ha cancellato la vecchia mulattiera, addirittura con tratti in cemento, per proseguire a mezza costa lungo il versante del Monte Ocone, polverizzando letteralmente il preesistente sentiero, panoramico e quasi selvaggio, per facilitare l’accesso ai capanni di caccia della zona dell’Uselanda…nomen omen!

    Prossimamente temo che sarà anche peggio visto, per esempio, il recente piano di aggiornamento della viabilità silvo-pastorale della Comunità Montana Lario Orientale Valle San Martino: sono previste 38 nuove piste, in aggiunta alle oltre 200 già esistenti e censite. Tra queste mi lascia sconcertato il collegamento desiderato a Carenno tra la località Ca’ d’Assa e Colle di Sogno, tanto per devastare la più bella faggeta del territorio comunale e il piacevole sentiero che la attraversa con le testimonianze storiche della Tribulina e del lavatoio de La Carera.

    Grazie per l’attenzione e cordiali saluti.

    Simone

    1. Mi hanno giusto inviato di recente la delibera della Giunta regionale lombarda che approva la realizzazione di migliaia di km di nuove piste, quella sulla quale si baseranno i nuovi progetti tra cui quelli da lei citati. Purtroppo è un meccanismo perverso, funzionalmente e strategicamente elaborato, per fare in modo di realizzare opere spesso di dubbia utilità a favore di interessi particolari, e con ciò giustificare i relativi stanziamenti di soli pubblici. Ma una volta che ci sia una così sopraffina strategia per realizzare scuole, ambulatori medici, servizi di base, per sostenere il trasporto pubblico locale o per manutenere la rete sentieristica. Anzi, a tal proposito: a volte ci si può permettere di distruggere le antiche mulattiere e altre opere di grande valore storico e culturale proprio perché da troppo tempo abbandonate a sé stesse e non più curate, così che molto alla fine non le percorrano più anche perché, appunto, diventate difficili da camminare. E’ una questione culturale prima che di ogni altra natura, di cura del territorio, di sensibilità verso le sue valenze, di capacità di mantenere viva la relazione con esso. Tutte cose fondamentali, soprattutto per chi vive in montagna, ma che da troppo tempo sono state trascurate e dimenticate. Sarebbe finalmente ora di recuperarle, per quanto sia ancora possibile farlo.
      Anche per tutto ciò, grazie di cuore Simone: queste sue testimonianze sono importanti e fanno già parte di quest’opera, o tentativo, di recupero!

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