Spesso vi sono cose che diamo per scontate quando invece, in origine, hanno rappresentato qualcosa di rivoluzionario. Capita di frequente con cose scientifiche e tecnologiche, ma può capitare anche con altri elementi del tutto quotidiani e pratici, apparentemente banali nella loro funzionalità elementare: le strade, ad esempio. Nel 1947, con un’Europa appena uscita dal più tremendo e disgregante conflitto della storia, alcuni lungimiranti funzionari di diverse nazionalità, anche ex nemiche, si sedettero intorno a un tavolo per tracciare una rete di nuove strade che collegassero diversi punti del continente europeo. Quei funzionari unirono brillantemente il teorico al pratico: capirono che l’Europa distrutta aveva bisogno di nuove e funzionali strade per attivare la più rapida ed efficace ricostruzione, e parimenti compresero che solo rimettendo in contatto, il più libero possibile, i popoli d’Europa, si sarebbe potuto ricostruire non solo il continente ma pure un senso di fratellanza e di identità comuni – una cosa, d’altro canto, che già i Romani avevano compreso per il governo del loro vasto impero, il che li rese degli abilissimi costruttori di strade. Il tutto, infine, venne ratificato nel 1950 con la Declaration on the costruction of Main International Traffic Arteries presso l’ONU di Ginevra: le autostrade siglate con la “E” iniziale sono proprio il frutto di quel lavoro ma, appunto, le moderne arterie stradali sovente non sono altro che il più recente tratto sulla mappa europea sovrascritto sopra altri e più antiche tratti, lungo i quali popoli di innumerevoli etnie si sono mossi e, in tal modo, hanno scritto – nello spazio, nel tempo e nella comune visione del mondo – la storia dell’Europa.
Lo scrittore e giornalista olandese Mathijs Deen si è messo in viaggio lungo alcune di queste vie transeuropee, per ciascuna seguendo il più antico viaggio di alcuni personaggi che le hanno percorse nel corso dei secoli, dalla preistoria fino ai giorni nostri. Ne è uscito Per antiche strade. Un viaggio nella storia dell’Europa (Iperborea, 2020, traduzione di Elisabetta Svaluto Moreolo; orig. Over oude wegen, 2018), sorta di reportage spazio-temporale al seguito dei primi uomini preistorici che si insediarono sulle terre europee giungendovi da chissà dove, di tribù celtiche dirette verso la penisola balcanica, di Robin Hood del tempo della Roma Imperiale, di pellegrini nordeuropei in viaggio verso Roma e di altri viandanti le cui vicende umane, nel loro accadimento qui e là per l’Europa, vengono presentate dall’Autore come emblematiche della storia continentale comune, anche perché, come accennavo poco fa, i loro viaggi ricalcano tragitti stradali contemporanei, trafficate strade e autostrade che corrono da Nord a Sud e da oriente a occidente del territorio europeo.
Un’idea narrativa molto bella e affascinante, quella di Deen, che tuttavia a mio parere soffre di un’eccesiva prolissità – alcune delle storie narrate potevano essere condensate in meno pagine più dinamiche – e di un capitolo centrale che ho trovato parecchio pesante anche perché un po’ decontestuale e dotato di scarso “moto” continentale. Avesse cento pagine in meno, Per antiche strade risulterebbe più piacevole ed emozionante, posto che alcuni dei capitoli sono veramente belli e narranti vicende piuttosto coinvolgenti. Di contro, ribadisco, è un volume che mette in evidenza l’importanza fondamentale della libera unione e circolazione tra genti e paesi, prerogativa di libertà che diamo per scontata ma della quale – la storia di questi giorni insegna, purtroppo – dovremmo sempre conservare la più ampia consapevolezza qualche forma di massima e ineludibile salvaguardia: di quella libertà, della possibilità di viaggiare per l’Europa e il mondo e, della nostra stessa dignità umana.