Così, anche Stefano Benni ha scelto di andare a raccontare le sue mirabolanti storie, tanto divertenti e surreali quanto profonde e illuminanti, in altre dimensioni ultraterrene.
I suoi libri sono tra i più divertenti che abbia mai letto ma, appunto, capaci di suscitare uno spasso mai fine a se stesso, sempre intelligente e misurato, un divertimento che da subito – appena si legge e si sorride – sedimenta nell’animo qualcosa di indefinibilmente e inestimabilmente fruttuoso, che sai che ti darà beneficio e ti potrà venire utile, prima o poi, nel vivere e cercare di capire il mondo.
E mi viene da pensare che tali doti letterarie, e non solo tali, Benni le abbia sviluppate anche grazie ai propri natali montani, nel piccolo borgo di Biolo in comune di Monzuno tra i monti boscosi e misteriosi (nonché misterici) dell’Appennino Bolognese. «Mi chiamano Lupo perché sono nato a Monzuno e quand’ero piccolo i lupi erano fuori dalla porta di casa», raccontava qui. «Vi passai molto tempo, la mia casa fu distrutta dal passaggio dell’autostrada. Ho cominciato presto a fare i conti con la speculazione: quell’arteria era necessaria, ma non fatta in quel modo».

RIP.
“Il bar sotto il mare” è un libro che riprendo ogni tanto, non solo per la facilità di essere composto di racconti, ma soprattutto perchè … Stefano Benni è unico. Ma che lo dico a fare. E grazie per l’apprezzamento dell’Appennino, mio spazio preferito, se devo andare verso l’alto 😉
Grazie a te! Come forse ti avevo già detto – perché tu mi avevi già scritto dell tuo amore per l’Appennino – è un ambito montano che voglio conoscere e esplorare molto di più di quanto abbia potuto fare fin’ora.
Ciao! 😉
Sicuramente non ti deluderà, non fosse altro perchè è diverso. Purtroppo io ne conosco solo una piccolissima porzione, ma per quella, con piacere ti potrò dire