D’io

Il profeta saliva il sentiero sassoso con lunghi e rapidi passi, lo sguardo fisso alla vetta ormai vicina oltre la quale la prima balugine aurorale si stava accendendo. Il suo ansimare era l’unico rumore lassù, segno d’una fatica che tuttavia egli non percepiva, preso com’era dalla missione, e dal momento incipiente…
Quando il Sole spuntò oltre l’orizzonte montuoso, fu come se l’universo intero si fosse acceso di luce abbagliante, o come se un immane incendio senza fiamme avesse avvolto il mondo, scaturendo dal punto in cui l’uomo si era prostrato, gli occhi rapiti da quel prodigio luminoso, le mani aperte in segno di massima accoglienza. Udì la voce del divino forte e imperiosa dentro di sé:
“Ecco la mia legge. Che l’uomo ne sia perennemente guidato, e la sia vita sarà un cammino di gloria e prosperità!”.
Di fronte, nel mezzo della luminosità accecante, gli apparve una grande lastra d’arenaria, prodigiosamente incisa da chiare parole, da frasi, da periodi compiuti: le leggi divine!
“Grazie, mio dio!” egli urlò, e lo sguardo cercava già di leggere quelle parole, di trarne comprensione nonostante la suggestione dell’evento, mentre il mirabolante sfavillio ultraterreno veniva assorbito dalla turchina purezza del cielo mattutino…
Lesse, lesse e rilesse ancora, e poi di nuovo ancora… E di nuovo, per l’ennesima volta, rilesse la lastra incisa: ne restò sconcertato. Si guardò intorno, poi levò gli occhi al cielo: era solo, il silenzio avvolgeva il monte, solo un flebile fischio di vento a tratti si poteva udire. Lesse ad alta voce: “Chi osserva la mia legge non a da temere nulla”… Non a da temere nulla… Un errore, un errore di ortografia!?!
Mille confusi pensieri presero a girandolare nella sua mente, e tutti, in buona sostanza, originavano le stesse domande: come poteva egli, profeta eletto, portare al popolo la legge divina con quell’errore? Come poteva essere credibile – dio, la sua legge, ed egli stesso in qualità di profeta? E cosa avrebbe pensato il popolo stesso, già animato da così labile e incerta fede?
Risolutamente, l’uomo trasse dalla propria bisaccia il coltello; raccolse un sasso, e trovò un’altra grossa lastra d’arenaria – roccia di cui quel monte era composto. Memore del proprio lavoro di gioventù come scalpellino, in poco tempo ricopiò il testo divino sulla nuova lastra, senza più errori e abbellendo certi passaggi, che ritenne poco incisivi.
Finalmente sollevato, col Sole già alto sopra l’orizzonte, intraprese la discesa verso la folla che lo attendeva…

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.