Una fortuna che vale per sempre…

Ho avuto sostanzialmente due “miti” – se così li posso definire – nella mia vita, e ai quali mi sono ispirato per fare della stessa un qualcosa di considerabilmente buono. Uno per il corpo, e uno per la mente – oltre a un mito letterario, Gabriele D’Annunzio
La mente l’ho affidata a Nietzsche, e non occorre dire altro. Il corpo – e lo si intenda nell’accezione più ampia possibile, non solo meramente “fisica” – a Walter Bonatti. Ciò non a caso, probabilmente, per come Bonatti potrebbe ben essere considerato una concreta incarnazione del superuomo nietzscheano: individuo libero da catene ovvero libero in senso assoluto, lontano da qualsiasi moralismo, cavalcante le proprie passioni e dunque pienamente dionisiaco, traboccante di spirito e sfavillante di vita.
Non serve qui dire delle incredibili imprese che Bonatti affrontò e superò, veramente al limite delle possibilità psico-fisiche umane, se non ben oltre per la stragrande maggioranza degli uomini: già innumerevoli cronache lo fanno e lo faranno ancora a lungo.
Vorrei però dire di quella volta – nel 2010 al Salone del Libro di Torino – nella quale lo incontrai, e ci mettemmo a chiacchierare tranquillamente di montagna (avevamo amici in comune) e in particolare del silenzio, e di come l’uomo contemporaneo avesse ormai perso la capacità di sentire il silenzio, che invece ancora resisteva tra le vette delle montagne, oltre che in pochissimi altri posti sul pianeta nei quali egli era stato, in certi casi forse unico uomo ad averlo fatto… E accanto a noi la compagna Rossana, persona di gentilezza e cordialità sublimi.
Lo dico perché Nietzsche e D’Annunzio, per ovvia cronologia, non li ho potuti conoscere. Bonatti sì. Ergo, ho avuto la fortuna di conoscere personalmente e di chiacchierare con uno dei miei miti fondamentali.
E’ una fortuna che non tutti possono vantare – di qualsiasi mito si voglia tener conto – e i cui effetti resteranno sempre vivi, in me.