Mi spiace molto leggere della scomparsa di Goffredo Fofi. Perché era una di quelle figure della quale si sa, anche senza conoscerla a fondo, che la sua mancanza inesorabilmente genererà un vuoto culturale e umanistico (ma non solo) ben difficilmente colmabile. Fofi era intellettuale d’una stirpe ormai quasi del tutto estinta, capace di elaborare cose sempre interessanti e intriganti anche quando non ci si trovasse d’accordo con i relativi contenuti o con le idee espresse, un pensatore le cui considerazioni erano sempre necessarie, che concernessero la letteratura, il cinema o gli altri ambiti dei quali si occupava ma che si potevano facilmente contestualizzare a ogni altro tema del nostro spazio-tempo contemporaneo.
Ad esempio, per me, trovare una sua prefazione a qualche libro che volevo acquistare o mi accingevo a leggere – capitava di frequente, peraltro – era una garanzia sicura di gran qualità letteraria dello stesso. Era «uno dei pochi maestri che abbiamo» cioè avevamo, ha affermato Nicola Lagioia, e «un intellettuale inestimabile» per dirla con Tiziano Scarpa. Oppure, più pragmaticamente e citando ancora Lagioia rivolto a chi provasse a contestare la figura di Fofi, puntualmente fallendo in tale obiettivo, «Fofi in oltre cinquant’anni ha fatto tutto questo. Tu che cazzo hai combinato nella vita?».
Ecco. RIP.
N.B.: qui, da “Il Tascabile” di Treccani, trovate Fofismi, un articolo di Paolo Mossetti che, nonostante risalga al 2017, racconta molto bene ancora oggi chi e cosa è stato Goffredo Fofi.