Una delle cose delle quali ritengo di potermi dolere, vivendo dove vivo e facendo ciò che faccio, è quella di non poter frequentare come vorrei quelle meravigliose montagne che sono le Dolomiti. Ammetto di essere sempre stato attratto dalle alte quote e dai ghiacci delle maggiori vette presenti in altre regioni delle Alpi, ma ogni volta che mi sono recato tra i Monti Pallidi, o anche solo che li ammiro in qualche immagine fotografica, ne sono rimasto e ne rimango invariabilmente estasiato. Sono montagne dalla bellezza trascendente, magica, vere e proprie «forme dello spirito», come le ha definite qualche tempo fa Vito Mancuso; e se John Ruskin definì le montagne «le cattedrali della Terra», nelle Dolomiti si è veramente al cospetto di un territorio oltre modo basilicale, tra innumerevoli grandi templi gotici di roccia rosata la cui sacralità ancestrale celebra la più possente e “divina” natura alpina di questa parte di mondo.
Montagne così affascinanti ovviamente godono da sempre di una produzione editoriale e letteraria estremamente vasta e varia, che ne fa il soggetto principale delle narrazioni ovvero le protagoniste indirette ma comunque preponderanti – è il caso delle Dolomiti che fanno da sfondo a opere cinematografiche o televisive. Tuttavia raramente, in questa ingente produzione, si può trovare un amore tanto profondo e compiuto verso le montagne dolomitiche come quello che si percepisce vividamente negli scritti di Giovanni Cenacchi, numerosi dei quali sono raccolti in Dolomiti cuore d’Europa (Hoepli Editore, 2021, postfazione e cura di Giuseppe Mendicino), figura sublime di cittadino-montanaro (o viceversa?) che una sorte maledetta ha tolto troppo presto dal proscenio culturale alpino. Cenacchi era originario di Bologna ma nato “incidentalmente” a Cortina d’Ampezzo – dove la sua famiglia passava i propri periodi di villeggiatura – e in qualche modo quella genesi ampezzana gli ha “modificato” il Dna personale rendendolo del tutto contestuale al territorio ampezzano e alle sue fantastiche montagne, che per tutta la vita Cenacchi ha frequentato, esplorato, indagato, asceso, scalato, fino a conseguirne una conoscenza che, mi viene da pensare, nemmeno buona parte dei locali avrebbero potuto e potrebbero vantare.
Ma quella di Cenacchi riguardo le Dolomiti, e in particolar modo la regione compresa tra la conca ampezzana, l’alta val Pusteria e il Comelico, che oggi è tutelata dai parchi naturali di Fanes-Sennes-Braies e delle Tre Cime, non è solo una conoscenza geografica ma è un’autentica relazione culturale, profondamente antropologica e umanistica, un vero rapporto d’amore – nel senso più nobile del termine – tra un uomo e questo lembo di Alpi. Un amore profondissimo che traspare con grande intensità dagli scritti raccolti nel volume, sapientemente selezionati da Giuseppe Mendicino a creare un percorso di poliedrico valore – turistico, culturale, narrativo, letterario spirituale, eccetera – che attraversa la regione dolomitica suddetta toccando i luoghi più celeberrimi così come molti altri ignorati dai più ma a loro volta scrigni di bellezze e di emozioni grandissime. Sono testi nei quali Cenacchi racconta di esperienze personali, di storie alpinistiche altrui (ma egli stesso fu un valente scalatore e apritore di parecchie vie nuove), di geografie peculiari, di escursioni sempre originali e fuori dai sentieri più ordinari e affollati, il tutto narrato con mirabile piglio letterario, stile elegantissimo, ironia sovente mordace, intelligenza vividissima e sensibilità rara verso i paesaggi nonché, come detto, verso la relazione con essi còlta dal punto di vista personale ma proposta in modi narrativi nei quali il lettore facilmente si può ritrovare.
D’altro canto, la relazione amorosa di Giovanni Cenacchi verso le “sue” Dolomiti la si coglie anche in certi passaggi nei quali egli cerca di evidenziare la necessità assoluta e inderogabile di salvaguardare la bellezza e la cultura di queste montagne: ad esempio quando in Orrore nel paradiso delle Tre Cime denuncia l’impatto devastante del turismo di massa in un luogo così pregiato e al contempo delicato, formulando la geniale visione del panorama delle Tre Cime di Lavaredo che, a furia di essere banalizzato da miliardi di fotografie scattate da turisti troppo svagati “tanto per fare”, senza nemmeno capire il valore del luogo ripreso, finirà per essere consumato e sparirà dalle immagini, come può accadere a qualsiasi altra risorsa naturale limitata. Oppure quando, pragmaticamente ma con immutata eleganza letteraria, in “Tu sei i rifiuti che abbbandoni”: a proposito del piacere di non essere nulla invita i gitanti dolomitici a non lasciare tracce del loro passaggio, denotando che l’esperienza più intensa di visita di montagne così sublimi è proprio quella per la quale sappiamo coltivare «il lusso di non essere nulla» e, per questo, di non poter lasciare nulla di noi nel luogo in cui siamo. Oppure ancora, l’aspirazione vibrante alla salvaguardia delle montagne dolomitiche la si ritrova – espressa in un modo assai originale pur nel contesto convenzionale – nei suoi scritti escursionistici, nei quali descrive gite di vario genere (ma sempre particolari e insolite, ribadisco) senza tuttavia fornire troppe indicazioni o allegarvi le relative mappe: un modo personale e intrigante di non dire troppo di quelle gite e dei territori attraversati, dunque anche di proteggerli, e di contro un invito rivolto tacitamente al lettore di impegnarsi in prima persona nell’esplorazione e nella scoperta di quei territori, ricavando direttamente dall’esperienza personale in ambiente e dalla relazione con il paesaggio esplorato il valore dei luoghi e il retaggio culturale da essi donato.
Insomma: Dolomiti cuore d’Europa è un libro bellissimo, intenso, affascinante, illuminante, scritto da una persona che era tutte queste cose e lo era grazie a come lo sono le montagne di cui scrive e alle quali era così legato. Il titolo del volume coglie bene lo spirito degli scritti di Cenacchi e pone le Dolomiti “al centro” del continente europeo – spiritualmente, più che geograficamente – ma io credo che la sua lettura finirà per porre i Monti Pallidi al centro del cuore di ogni lettore. Come è inevitabile che sia, d’altronde.