Qualche riflessione intorno alla sentenza per la tragedia della funivia del Mottarone

Immagino che molti saranno rimasti o rimarranno sconcertati e amareggiati alla lettura delle notizie sulla sentenza di qualche giorno fa riguardante la tragedia della funivia del Mottarone, avvenuta nel maggio 2021. In forza delle pene patteggiate, e a fronte di quattordici persone che hanno perso la vita per palesi negligenze del personale dell’impianto, nessuno degli imputati andrà in carcere.

Dal mio punto di vista, tuttavia, non è in tale circostanza il problema principale al fondo della vicenda: in questo caso come in altri non è certo l’ammontare della pena a garantire una autentica giustizia nel senso più compiuto del termine, ma temo che parimenti, in questo modo, nemmeno si possa «iniziare a ricucire una ferita», come ha dichiarato il procuratore capo di Verbania al quale compete il processo. Si può veramente pensare che una pena sostanzialmente irrisoria possa lenire la tragicità della vicenda e ciò che di estremamente doloroso ha causato nei parenti delle vittime? D’altro canto: avessero dato pure l’ergastolo, agli imputati, sarebbe stata fatta realmente giustizia? Parimenti: si può pensare che risolvere in questo modo “accelerato” – ovvero tramite patteggiamenti e revoche di parti civili – il processo per una vicenda così tragica sia veramente il modo migliore per chiuderla e ritenerla giuridicamente “risolta”?

[La notizia della sentenza sul sito di “Open.online”; cliccateci sopra per leggerla.]
Non sono domande retoriche, queste: so perfettamente che il tema è complesso – non è solo giuridico ma diventa pure sociologico, filosofico, etico… – e non può assolutamente essere trattato in maniera semplicistica. Sono domande che non chiedono tanto risposte quanto riflessioni, il più possibile edotte sul tema e profonde, giammai istintive o emotive.

Piuttosto, l’andamento del processo di Verbania e la definizione per esso elaborata mi sembra che tocchino un altro aspetto importante ma molto poco considerato: il valore riparativo o rieducativo della giustizia, in tal caso non tanto nei riguardi degli imputati (i quali si presuppone non commetteranno nuovamente lo stesso reato, in futuro) ma delle circostanze che hanno caratterizzato la vicenda. In parole povere: una sentenza come quella di Verbania può avere un valore deterrente affinché certe negligenze non accadano più? O esiste il rischio che passi una percezione di sostanziale impunità pur a fronte della gravità – quattordici morti, ribadisco – del caso?

Lo affermo – in maniera certamente iper-pessimistica, lo so bene, ma in qualche modo prudenziale – non solo pensando a chi gestisce impianti funiviari e per il trasporto pubblico in generale ma anche a tutti quei soggetti preposti al controllo di essi, persone alle quali altre persone affidano totalmente la loro vita per qualche momento. La gravità della tragedia del Mottarone non sta solo nella negligenza di aver disattivato i freni di emergenza sulle cabine dell’impianto, ancor più sta nel aver ignorato, consapevolmente, che da questo comportamento negligente e dalle sue potenziali conseguenze dipendeva la vita di molte persone. La vita, non qualche graffio o livido.

È questo aspetto, più di altri, che a me sconcerta e amareggia della tragedia del Mottarone, così come in altre vicende similari. Le sentenze le si può ritenere discutibili ma sono certamente corrette dal punto di vista giuridico, così come lo sono le indagini svolte per giungere alla verità dei fatti e alla ricostruzione delle responsabilità dei colpevoli.

Ma la responsabilità etica, civica, culturale, umana? Se viene spontaneo affermare che nulla potrà mai risarcire completamente, sia dal punto di vista materiale e sia immateriale, chi è rimasto coinvolto nella vicenda, questa ovvietà non può e non deve diventare né una consolazione e nemmeno una qualsiasi manifestazione di remissione. Come ho già denotato, emessa la sentenza la questione da principalmente giuridica diventa morale, filosofica e persino per certi aspetti antropologica: come dovrebbe sempre accadere ogni qualvolta un evento tragico cancella in maniera ineluttabile, ma per motivi per nulla dovuti al fato o all’imprevedibilità, numerose vite umane la cui unica “colpa” è stata quella di affidarsi ad altre persone. In questo ambito, io credo, si deve conseguire una qualche forma di “giustizia” il più possibile logica e condivisibile, anche se mai completa e definitiva, non nelle aule dei tribunali. Nelle quali la giustizia fa il suo corso, come si dice, ma in qualche caso a discapito dell’umanità.

P.S.: a dare ancora più (tragicamente) senso alle considerazioni che avete letto, un altro incidente similare a quello del Mottarone ha coinvolto lo scorso 17 aprile 2025 la funivia del Monte Faito a Castellammare di Stabia. A fronte di cause ancora da stabilire – le indagini ovviamente sono ancora in corso -, anche in questo caso ci sarebbero di mezzo la rottura della fune traente e il mancato funzionamento dei freni d’emergenza su una delle cabine dell’impianto, con conseguenze alquanto simili nella dinamica alla tragedia di Stresa.